“DRIVE” DI JAMES SALLIS

“La sua esistenza si svolgeva a uno, due passi di distanza da quella del resto del mondo"

Quando camminava, le braccia gli mulinavano tutt’attorno, conferendogli un’andatura dinoccolata. Se provava a correre, erano più le volte che inciampava e finiva lungo disteso. Ma c’era una cosa che sapeva fare: guidare.

E guidava come un autentico figlio di puttana.

Driver fa due lavori, lo stunt driver per i film, tra giri della morte e testacoda, e l’autista durante le rapine.
Siamo a Los Angeles; ma Hollywood, gli attori famosi e i registi acclamati sono solo un puntino nel disegno periferico dell’Arizona che l’autore, James Sallis, traccia in Drive.

“Non partecipo, non so nulla, non ho armi. Io guido, faccio solo quello. Nient’altro”
Questo è il principio di Driver. Negli Studios si è fatto un nome, per la sua professionalità. Nella malavita il suo nome è una garanzia di fuga.

Parla poco, Driver. Non ha una fissa dimora, si muove ai margini della città, trasferendosi spesso, in casermoni malconci, che sembrano alveari, con le televisioni accese ventiquattro ore su ventiquattro, dove ogni vicino si fa i fatti i suoi e dove gli sbirri non amano addentrarsi.
“La sua esistenza si svolgeva a uno, due passi di distanza da quella del resto del mondo, per lo più fuori da ogni visuale, un’ombra, in pratica un uomo invisibile. Tutti i suoi averi poteva caricarseli sulla schiena e portarli via con sé, oppure abbandonarli senza alcun rimpianto”.

Un’infanzia vissuta con diligenza, accettando ciò che la vita gli aveva messo nel piatto. Una madre lontana dalla vita reale, genitori adottivi buoni, ma freddi. La passione per la guida, lo ha in un certo modo, salvato dal nulla.
Ma non lo ha avvicinato al mondo.
Gli piace la gente, ma Driver ama non entrare troppo in confidenza, come se sapesse che la vicinanza umana non è nel suo destino.
Driver si porta dentro una disperazione dilagante, che serpenteggia intorno alla speranza di salvezza.

La malinconia di Driver, una complessità di sentimenti e riflessioni proprio sul destino (quanto siamo legati ad esso e quanto è solo un’infiltrazione da sotto i piedi?), accompagna il lettore, attraverso un’America che palpita, che lotta o che si adagia. Personaggi caldi dalle esistenze cupe dentro vite frenetiche ed agitate, sono l’ossatura di questo romanzo breve, in cui si respira a pieni polmoni l’aria del noir.

James Sallis, da americano disincantato e onesto, ritrae una vita antieroica, ma leale, quanto meno a sè stessa.
Drive è un romanzo costruito con una suggestione drammatica quasi poetica.
Refn, che ne ha tratto un film, vincitore del Premio come Miglior Regia al Festival di Cannes, ha saputo rendere l’atmosfera folgorante delle pagine del libro.

James Sallis, Drive, ed Giano, 2011, pp. 157, € 15.00.