Saccheggiare il casinò di Montecarlo o rubare il cuore a una bella donna? Non c’è furto impossibile per Lupin III, ladro, gentiluomo, Casanova e maestro dei travestimenti. Questa volta Lupin e il fedele Jigen hanno rintracciato la fonte delle banconote false che stanno mettendo in ginocchio l’economia mondiale: il piccolo paese di Cagliostro, governato dall’omonimo conte. Tra le mura di pietra del suo castello, il conte tiene imprigionata la bella principessa Clarissa, che conosce la chiave per un tesoro inimmaginabile. E dove c’è Lupin con i suoi amici, non sono lontani né Fujiko né Zenigata. Lupin vuole liberare la ragazza, punire i malvagi e naturalmente prendersi il tesoro. Basteranno tutte le forze dell’Interpol, una banda di Ninja dalle unghie a sciabola, e una cospirazione internazionale per fermarlo?
Lupin III compie 40 anni, ma la scaltrezza è quella di sempre e il fisico a prova d’acciacco. Non è questa però la notizia. La notizia è che quei nostalgici della Mikado lo rimettono in circolo, anzi in sala, rispolverando dalla soffitta dei capolavori passati la più ricordata e amata delle sue avventure, quel Castello di Cagliostro che porta firma, passione e talento di Hayao Miyazaki. Ed è grande festa. Festeggeranno i fan del più venerato dei ladri, che non avrebbero potuto desiderare regalo migliore per il loro beniamino, qui davvero incontenibile tra salti nel vuoto, prodezze romantiche, travestimenti, corse in macchina e inarrestabile vis comica. Un Lupin al cubo, attorniato dai compari di sempre, il tabagista Jigen, lo ieratico Goemon, la “generosa” Fujiko e l’antagonista di sempre, quel disgraziato dell’ispettor Zenigata, in arte Zazà.
Anche i più insensibili al fascino del nostro avranno però di che dilettarsi, perché Il Castello di Cagliostro non è solo un film con Lupin, ma è un film di Miyazaki, perciò bellissimo, poetico, visionario, imperdibile. Passata al Festival di Cannes in epoca non sospetta (era il 1980), l’opera rivela infatti di quali gemme fosse già guarnito il cinema del più grande autore nipponico d’animè. Il disegno tradizionale, pulito, semplice di questo come di altri film di Miyazaki è funzionale a un processo d’astrazione che, senza dimenticare la drammaturgia e il ritmo, è mise en scene del potere della fantasia, grimaldello capace di risolvere ogni situazione, superare ogni conflitto, rivelare l’altra faccia sommersa e meravigliosa del mondo sotto quella più cupa e disumana. La materia è pura antitesi nel cinema di questo maestro, un momento nella vita delle forme, continuamente trasceso e catabolizzato da un dinamismo incontenibile.
E difatti il Lupin di Miyazaki è quanto di più motile, leggero e immortale si possa immaginare. Fantasia al potere in sostanza, mezzo e fondamento di un ordine nuovo e più giusto. L’ingenuo candore e l’autentico sangue blu di una principessa tenuta prigioniera contro l’inautentico governo di sopraffattori e falsari. Ancora, l’insostenibile e disumana durezza del castello (una fortezza che tutto include in sé per separare ciò che rimane fuori) contro lo splendore e la grazia di un Atlantide promessa ma inabissata dagli uomini. Lo scontro è però incruento (dopotutto è una favola), come se, in Miyazaki, tra l’ostinata corruzione del mondo e la sua più profonda natura virginale non passasse l’abisso, ma l’onda lieve dove il Male fluisce, passa, si converte al Bene. Incessantemente slittando da una parte all’altra. E magicamente l’adulto che era bambino tornasse bambino di nuovo, un’altra volta ancora e mai per sempre.
Titolo originale: Rupan sansei: Kariosutoro no shiro
Nazione: Giappone
Anno: 2007
Genere: Animazione
Durata: 100′
Regia: Hayao Miyazaki
Cast (voci): Roberto Del Giudice (Lupin), Sandro Pellegrini (Jigen), Antonio Palombo (Goemon), Alessandra Korompay (Fujiko), Rodolfo Bianchi (Zenigata)
Produzione: TMS Entertainment, LTD
Distribuzione: Mikado
Data di uscita: 06 Luglio 2007 (cinema)