“Gantz:O” di Yasushi Kawamura

La morte è solo l'inizio

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Dopo il successo riscosso nel 2007 da Appleseed: Ex Machina, il reboot del fumetto culto di Masamune Shirow che l’aveva visto direttore della computer grafica, Yasushi Kawamura firma quest’anno la sua prima regia con l’action fantascientifico GANTZ:O, presentato fuori concorso a Venezia 73.

Il film si apre a Tokyo con la morte in combattimento di Kurono, giovane leader di una misteriosa unità impegnata nello lotta contro un mostro. Di lì a poco muore accoltellato nella metropolitana un altro liceale, Kato. Risvegliatosi in una stanza senza via di fuga, quest’ultimo è costretto a partecipare al sadico survival game orchestrato da GANTZ, una macchina che strappa gli uomini alla morte per farli combattere contro creature aliene.

Le regole sono semplici: più si uccide, più punti si fanno e chi ne totalizza 100 ha diritto a un premio. La squadra di Kato è teletrasportata a Osaka, dove il team locale sembra aver preso in mano la situazione, ma sul finire della battaglia i guerrieri migliori vengono uccisi: sarà pertanto compito di Kato fare le veci del defunto Kurono e guidare i suoi alla vittoria.

Primo lungometraggio animato tratto dal manga di Hiroya Oku, GANTZ:O è incentrato sulla saga di Osaka, considerata da parte dei lettori il culmine dell’opera a fumetti prima della sua deriva. Nello sterminato panorama degli adattamenti di GANTZ, che contempla film live action, serie anime e light novel, la pellicola in questione è sicuramente il più convincente, trattandosi di un’opera che non ha altre pretese al di fuori dell’intrattenimento adrenalinico: dovremo dire addio alle riflessioni filosofiche sulla natura di GANTZ e alla caratterizzazione psicologica alla Battle Royale, ma teniamo a mente che nella trasposizione da un mezzo artistico a un altro raramente fedeltà assoluta all’originale è sinonimo di qualità.

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Vi sono però anche omissioni per cui gli estimatori potrebbero storcere il naso a ragione: in questo senso, la sezione cui GANTZ:O fa riferimento è un’arma a doppio taglio. Si tratta infatti dei capitoli più folclorici e al contempo più spregiudicati di GANTZ: a Osaka gli alieni assumono le sembianze degli yokai e degli oni della tradizione, precipitando i combattenti in un terrore atavico che affonda le proprie radici nella loro stessa cultura, e questo GANTZ:O, quantomeno a livello visivo, è riuscito a renderlo. Per contro, il team di Osaka è stato eccessivamente ridimensionato: non sono nemmeno menzionati gli stupri di Kuwabara Kazuo, le torture del Trio Sadico, le sortite suicide dell’eroinomane Hanaki Kyou.

In breve, non si capisce perché si sia dovuto castrare GANTZ nelle sue componenti splatter ed erotiche, se effettivamente lo scopo della versione cinematografica è regalare azione alla massima velocità: l’unica riserva che si può esprimere su GANTZ:O è dunque in merito al mancato sfruttamento della reale potenzialità del soggetto in nome di un visto censura più clemente.

Nulla da eccepire invece per quanto riguarda il lato tecnico. Rispetto ai film e alle serie animate in cel-shaded di qualche anno addietro – la suddetta trilogia reboot di Appleseed o Knights of Sidonia, per esempio – , in cui si aveva l’impressione di osservare una sequenza scriptata di un videogioco, GANTZ:O ha una propria grammatica registica, con soluzioni spettacolari finalizzate a mostrare i muscoli dell’animazione in CG. Per gli amanti del genere – anche se forse un po’ meno per gli amanti di GANTZ –, è un titolo che non si fa mancare nulla.