“Guarda, Arnau”, disse Bernat al figlio che dormiva placidamente sul suo petto. “Barcellona. Qui saremo liberi”. L’incipit del quarto capitolo di questo romanzo è da ricordare, perché in poche parole sta condensato il succo dell’opera di Ildefonso Falcones: la ricerca spasmodica, disperata, della libertà, bene che dovrebbe essere proprio di ogni uomo fin dalla nascita.
Il commento de El Periodico de Catalunya, secondo cui “Il pilastro di questa cattedrale dei best-seller è la sua difesa della libertà” può apparire esagerato finchè non ci si immerge nel mondo creato, o meglio, ricreato, dallo scrittore. La Spagna del XIV secolo è un mondo ancora dominato dagli istituti feudali, nel quale esistono le corvées e lo ius primae noctis, nel quale un contadino nasce servo e muore servo. Bernat Estanyol si ribella a questa logica, ma per suo figlio Arnau, più che per se stesso, per far sì che non debba chinare la testa di fronte ai signori.
Inizia così l’ascesa sociale di questo personaggio, Arnau, che si intreccia con la storia di Barcellona, più in generale della Spagna, ma soprattutto con le vicende connesse all’edificazione di una cattedrale, Santa Maria del Mar, con la quale il protagonista avrà sempre un legame particolare, in quanto cattedrale costruita per volontà di un popolo fatto di uomini liberi e per rappresentare la forza e la fede del popolo stesso.
I numeri de La cattedrale del mare parlano da soli: caso editoriale in Spagna, nel 2006 raggiunge la vetta di entrambe le classifiche (quella castigliana e quella catalana), con un totale di un milione e seicentomila copie acquistate. Per chiarire, in quell’anno in Italia, il libro più venduto è Ho voglia di te di Federico Moccia, che si ferma (se così si può dire) ad un milione e centomila copie. Pubblicato da noi nel febbraio del 2007, a settembre viene data alle stampe la quattordicesima edizione. Un successo di pubblico (ma anche di critica) che lascia senza parole l’autore, l’avvocato civilista Ildefonso Falcones de Sierra. Qual è l’ingrediente di questo romanzo, che ha permesso di stregare milioni di lettori? Vi è un’ottima ricostruzione storica, in particolar modo degli istituti giuridici della Spagna del Trecento, unita ad un plot nel quale si fondono l’avventura, l’amore e la storia di una città. Ma forse quel che più affascina è, proprio come scritto da El Periodico de Catalunya, la difesa della libertà. Arnau non nasce libero, è suo padre che rischia la propria vita per fare in modo che possa esserlo, sfruttando a suo favore una regola di Barcellona: il servo che fosse stato in grado di trascorrere nella città un periodo di tempo pari ad un anno e un giorno senza farsi catturare dai suoi padroni avrebbe ottenuto la cittadinanza e la libertà.
Non solo, ma quando, molto più avanti nella narrazione, Arnau cade nelle grinfie della Santa Inquisizione e di Nicolau Eymerich (personaggio realmente esistito, noto ai lettori italiani come protagonista dei romanzi di Valerio Evangelisti), è proprio grazie ai privilegi particolari propri della città che può essere liberato. C’è un istituto sul quale Falcones si sofferma particolarmente e che anzi gli permette di scrivere una delle pagine più commoventi del libro: quello del via fora, grazie al quale era previsto che Barcellona potesse organizzare un esercito con il quale attaccare chiunque avesse fatto del male anche ad uno solo dei suoi cittadini. Ed è proprio da questo, dalla sua storia, dai suoi istituti giuridici, che deriva l’aura libertaria che si è soliti riconoscere, ancora adesso, a quella città.
Ildefonso Falcones, La catedral del mar, 2007, Longanesi, pp. 642, € 18,60.