Persino la Baltimora del 1962 nasconde qualcosa di magico. E non è la straordinaria e antropomorfa creatura degli abissi imprigionata nei sotterranei di un centro di ricerca spaziale americano. E’ il fantastico mondo di Elisa Esposito (Sally Hawkins già in odore di nomination ai premi più importanti), che in quei laboratori fa le pulizie, a racchiudere qualcosa di veramente speciale.

Elisa ha perso la voce da piccolissima, vive da sola in un appartamento sopra un cinema che proietta solo peplum in spettacoli vuotissimi, ma ama le sue routine: uova sode a colazione, bagno in vasca con autoerotismo e via al lavoro con pisolino sul bus. Condivide la sua solitudine col vicino di casa Giles (Richard Jenkins, una sicurezza), disegnatore pubblicitario emarginato per la sua omosessualità e professionalmente rimpiazzato dai fotografi. Sul lavoro fa coppia con la pragmatica e carismatica Zelda (una brava Octavia Spencer, incasellata però in un personaggio già visto), sempre protettiva nei suoi confronti.

L’incontro tra Elisa e il “Mostro” è di quelli che cambiano il corso degli eventi, che infrangono la barriera del tempo e della Storia. Ma dove Elisa vede Amore, il resto del mondo e il violento e becero carceriere Strickland (Michale Shannon) vedono diversità, pericolo, abominio.

Le favole nere di Guillermo Del Toro non accompagneranno i sogni dei bambini – almeno speriamo – ma di certo non lasciano mai indifferenti. The Shape of Water riprende spunti classici, evoca storie ataviche e amori impossibili e, come fanno tutte le favole, sotto una certa dose di violenza, nasconde una morale positiva che, in fondo, ci lascia pensare che un lieto fine possa esserci per tutti.

Sullo sfondo molto attuale della caccia al diverso, dell’isolazionismo, dell’ignoranza orgogliosa, Del Toro parte da una notturna vicenda di amore impossibile per raccontare il bene e il male dell’umanità. A fare da grottesco palcoscenico, una Guerra Fredda dai risvolti tragicomici e una corsa allo spazio guidata da intelligence molto poco scientifiche.

L’esperienza visiva di The Shape of Water è straordinaria e assolutamente coinvolgente: l’atmosfera, le scenografie e il mood concepiti dal regista de Il labirinto del Fauno immergono lo spettatore in quella magia che è parte fondamentale della Settima Arte. L’afflato poetico della narrazione, siamo sicuri non lascerà indifferenti nemmeno gli spettatori più scettici.

Eppure, quando la favola visionaria cede inevitabilmente il passo a simbolici riferimenti contemporanei, il meccanismo fascinoso di The Shape of Water non si inceppa ma rallenta, ricacciando lo stupore infantile dello spettatore nel meno piacevole – e divertente – già visto.