IL TEATRO COME PASSIONE

Intervista a Luigi Allegri, autore di "L’arte e il mestiere. L’attività teatrale dall’antichità ad oggi"

Si siede per iniziare l’intervista con la consueta tranquillità di chi non teme il confronto con il pubblico, con l’opinione dell’interlocutore: senza la giacca e la cravatta che l’ambiente accademico talora suggerisce, il professor Luigi Allegri, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Parma, studioso e autore di numerose pubblicazioni (come “Teatro, spazio, società”, “Teatro e Spettacolo nel Medioevo”, “La drammaturgia da Diderot a Beckett”, solo per citare alcuni esempi), ha da pochi mesi ultimato l’ultima fatica, “L’arte e il mestiere. L’attività teatrale dall’antichità ad oggi” (Carocci, 2005). Il volume è uno spunto di riflessione anche sull’attività di studioso, di docente, di uomo che si dedica al teatro e alla sua evoluzione ormai da anni.

Gli chiedo, per cominciare, come è nata l’idea di questo libro: Allegri risponde che i libri nascono quasi sempre da un interesse individuale sommato ad una necessità ‘di mercato’; la volontà di indagare l’attore era personale pur essendo maturata alla luce della consapevolezza che mancava un testo (facilmente reperibile e recente) in grado di riprodurre in modo organico e veloce il percorso dell’attore dalle origini ai giorni nostri. Voglio allora sapere quanto abbia contato la sua personale esperienza di ‘uomo di teatro’ in L’arte e il mestiere e in che modo: risponde che, pur essendo uomo di teatro, non è ‘uomo di palcoscenico’ e che trovarsi ‘seduti in platea’ è probabilmente veicolo per osservare in modo più oggettivo le dinamiche; nel libro afferma infatti di aver cercato di dar conto di una struttura, ma non solo, pertanto la formazione personale ha certamente contato ma, altrettanto importante, è stata l’esperienza ‘da spettatore’.

“Quali sono i suoi attuali obiettivi? Come vede la prospettiva dello studio del teatro e della teatralità?”

“Il teatro in quanto disciplina, è entrato tardi all’interno dell’Università e, pertanto, ha dovuto conquistarsi una specificità, anche perché la materia è stata invasa da italianisti, musicologi e quant’altro; adesso la prospettiva è diversa quindi, da un lato la materia ha l’entusiasmo delle discipline ‘giovani’, dall’altro ha ancora la necessità di conquistarsi degli spazi. Mentre per tutte le altre discipline le riforme scolastiche vengono imposte, per le discipline dello spettacolo e la relativa educazione, non funziona ancora così. Si tratta di un gap curioso, poiché sembra davvero che questa materia non abbia necessità di uno studio approfondito del proprio linguaggio: la riprova è invece che corsi di teatro ve ne sono in quantità e di tutte le tipologie. C’è ‘fame’ di teatro- per così dire- ma la scuola sembra non rendersene conto, così come l’Università soffre la scissione fra teoria e prassi, differentemente da altri paesi europei, ad esempio.”

“Come è cambiato il rapporto con gli studenti e cosa suggerirebbe ad un giovane che decida di avvicinarsi al teatro?”

“Direi che è l’approccio con gli studenti ad essere cambiato, soprattutto perché essi sono oggi meno vivi e ricettivi di un tempo; a chi si vuole avvicinare al teatro, consiglierei soprattutto di seguire la passione, perché è infatti essa il primo e fondamentale elemento di cui bisogna essere attrezzati e che maggiormente emerge sul palcoscenico. Poi è indispensabile mettersi alla prova e, a quel punto, seguire scuole serie, stando attenti alle false illusioni, anche perché oggi il mercato non recepisce, quindi un discorso è coltivare la passione e mettersi in gioco, altra faccenda è vivere di teatro.”

Alla mia ultima domanda, cioè cosa sia il teatro per Luigi Allegri, un sorriso gli attraversa il volto concentrato: “il teatro è passione, è luogo di incontro, di emozioni per le ragioni più varie e questa sua caratteristica lo rende incomparabile pressochè a qualunque altra disciplina, fatta eccezione, forse, per la musica dal vivo. E’ il luogo di una sfida intellettuale, da difendere in qualche modo dalle tecnologie contemporanee; è luogo di densità, di approfondimento contro la superficialità. In sintesi, credo che il teatro sia il luogo di valori forti, perdendo i quali, staremmo peggio”.

Mentre lo saluto e lo ringrazio per la disponibilità, mi accorgo che le sue parole suscitano numerosi altri interrogativi legati al mondo dell’istruzione, dell’editoria e, perché no, al rapporto con le nostre passioni, con il fare teatro come strumento di apertura all’altro, di scoperta di una differente dimensione di sé. Ma questa è un’altra avventura, un altro teatro infondo.
Quel che è certo è che, con sempre maggiore rilevanza oggi, i testi di natura scientifica, nati anche come prodotto e strumento per la ricerca, tendono a non diversificarsi più in modo assoluto da altre forme di testi: vale a dire che un libro come L’arte e il mestiere, pur rivolgendosi principalmente agli addetti ai lavori, risulta interessante e fruibile anche per chi vive il teatro come semplice appassionato. Anche per chi, insomma, sia seduto in platea…