Concorso Documentari Africani
“Siamo entrati in quel luogo un lunedì e ci siamo seduti tranquillamente al tavolo delle persone in cura con quel tipo di terapia; nello spazio di cinque giorni, cinque universi…”.
Il documentario evidenzia il rapporto tra terapisti e pazienti all’interno di una comunità grazie ad un laboratorio di arteterapia del servizio psichiatrico dell’ospedale Principal di Dakar.
È un universo, quello che il regista indaga con la sua macchina da presa; un universo di sguardi, occhi dipinti su carta e reali che si incrociano e hanno tanto da dire e raccontare. E così i colori, sparsi, come fulmini improvvisi e violenti, slanci d’istinto su carta, rivelano sentimenti, angosce, soprusi ma anche gioie. L’arte prende la parola e dal disordine interiore si intravede una forma, un idea, un pensiero; basta lasciarsi andare, senza regole, per tirar fuori il proprio vissuto.
L’occhio della macchina da presa si sofferma, riflette su ogni particolare dei lavori realizzati, sulle mani che agiscono velocemente, immergendoci nei colori di questi malati, che aprono delle porte, degli orizzonti.
Il film racconta anche attraverso le testimonianze di coloro che lavorano o interagiscono con loro. Si lavora sull’essenziale, sulla spontaneità che i pazienti hanno rispetto a noi, che viviamo immersi in pensieri che ci imprigionano continuamente solo su noi stessi.
La schiavitù c’è ancora e purtroppo l’Africa ne piange le conseguenze. Ma c’è una condivisione comune nel raffigurare ognuno ciò che ha in testa. Così l’arma lascia il posto all’albero; il campo militare diviene luogo di nuove creature che danno vita a nuovi villaggi e il berretto da soldato assume un altro linguaggio. Non è solo un dare, ma anche un ricevere; e i terapisti riscoprono il senso della vita nello stare a contatto con i loro pazienti. È una terapia comune. E quei dipinti che svolazzano, come farfalle all’inizio del film, ritornano in chiusura, volteggiando tra i volti dei fruitori della mostra, come in un prato fiorito in piena primavera.
Non sono soli; l’umano si muove tra questi.
Regia: Angèle Diabang Brener
Sceneggiatura: Angèle Diabang Brener, Ousseynou Ndiaye, El Hadji Mamadou Niang
Fotografia: Angèle Diabang Brener, Ousseynou Ndiaye, El Hadji Mamadou Niang
Montaggio: Moussa Seydi
Suono: Angèle Diabang Brener, Ousseynou Ndiaye, El Hadji
Musica: MOP
Interpreti: Moussa Sakho, Félicité Codjo, Jacob Opkus, Bakary Diop, Amadou Diene
Formato: Video
Durata: 34 min.
Versione originale: Francese, wolof
Produzione: CIFAP, Autoproduction