Un misterioso massaggiatore entra nella vita di un villaggio per ricchi in Polonia. Il suo arrivo porterà alla luce segreti, desideri, e insoddisfazioni, cambiando le vite di tutti gli abitanti.

Il nuovo film di Małgorzata Szumowska si muove tra il teatro dell’assurdo e la cinematografia di Lanthimos, trovando però un tono che tende più al paradossale e al comico che alla tragedia travestita di commedia. Per farlo si serve di personaggi che sono definiti dalle proprie nevrosi e insoddisfazioni: ricchi, ma non appagati, sono incapaci di dare forma e voce ai loro desideri e ai loro fantasmi. La loro ragion d’essere è l’apparire, il desiderio di distinguersi dagli altri, al punto che tutti loro hanno personalizzato il suono del campanello della porta di casa. Il loro modo di rapportarsi a Zhenia è spesso comico, quasi grottesco, e regala numerosi momenti di ilarità. La regista però è brava a evitare che questa ilarità sfoci nel comico, nella risata sguaiata, e riesce sempre a mantenere il film in un equilibrio delicatissimo ma efficace.

I massaggi di Zhenia sono per gli abitanti del villaggio come una coperta rassicurante che li ricopre come neve, proteggendoli dal mondo esterno e scacciando le ansie legate ai desideri materiali, a volte soddisfacendoli, a volte mettendo in luce la loro vacuità. L’arrivo di Zhenia diviene quindi progressivamente una seduta psicoanalitica di gruppo, che mette in luce ciò che il denaro non può comprare, in una critica sotterranea ma molto efficace al consumismo e alla società occidentale, in cui si è completamente perduto l’equilibrio con gli altri essere umani e con la natura.

Never gonna snow again è un film che fa della cripticità del suo svolgimento e del suo finale il suo punto di forza. Non importa, infatti, chi o cosa sia Zhenia: supereroe, maestro di ipnosi, creatura soprannaturale, prodotto delle radiazioni, o semplice furbastro, ognuno può vedere in lui ciò che vuole, esattamente come fanno gli abitanti del villaggio, che proiettano su di lui paure e desideri, ansie e aspirazioni. La foresta misteriosa e magica da cui Zhenia sembra provenire può essere reale, così come una proiezione mentale di un desiderio per l’ignoto, per una spiritualità che la società contemporanea tende a rinnegare, costringendoci a nasconderlo in un recondito anfratto della nostra mente.