“La ricotta (episodio di Rogopag)” di Pier Paolo Pasolini

C’è chi muore sulla croce e chi di fame

Periferia di Roma, esterno, giorno. Una troupe cinematografica sta girando le scene di un film sulla Passione di Cristo. La parte del “ladrone buono” spetta a Stracci, borgataro con un unico desiderio: consumare in pace il suo cestino di ricotta. Ma l’agognato pasto, consumato in fretta per paura che venga rubato, sarà, per lui, fatale. Tanto da non lasciargli nemmento il tempo di recitare la sua unica battuta da “ladrone”: “Gesù, quando sarai nel regno dei cieli, ricordati di me”.

Con La ricotta (quarta parte del film Rogopag, con altri episodi firmati da Rossellini, Godard e Gregoretti) girata dopo Accattone e Mamma Roma, Pier Paolo Pasolini torna a rappresentare l’Italia delle borgate, fatta de poveri accattoni: gente costretta, come Stracci, a far da comparsa nei film per mangiare in pace un po’di ricotta.

Ma per Stracci, un morto di fame, il cammino per procurarsi il cibo è la sua personale ascesa al monte del Calvario: dona il suo cestino alla famiglia affamata, si traveste da donna per rimediare un altro pasto e se lo vede sgraffignare da il cane de “‘na miliardara”, viene deriso dai membri della troupe e costretto a mangiare i resti della scena dell’Ultima Cena (cfr l’esercito che fa bere aceto a Gesù e gli fa indossare la corona di spine nel Vangelo).

Un tragicomico destino fatto di peripezie, inseguimenti e tranelli che Pasolini mette in scena in maniera sincera e disincantata, accelerando irrefrenabilmente musica e sequenze con uno stile che ricalca le comiche dei film muti ed in particolare le prime opere cinematografiche di Charlie Chaplin. (la serie dei Charlot, Il monello).
Lo spettatore viene messo così di fronte a tre piani di narrazione cinematografica diversi.

Il piano metafilmico, poiché il film racconta di un cinico e sprezzante regista (il grande cineasta Orson Welles) che ne sta girando uno. Quello della rappresentazione (il tableux vivant de La deposizione del Pontormo e di Rosso Fiorentino) in cui l’artificiosità della scena viene rotta dalla realtà dei personaggi: un goffo turbinio di persone che cerca di mettersi in posa come nel quadro, ma, per la – reale- forza di gravità, sta per cadere da un momento all’altro. E infine il piano della realtà, dove il film e la storia sacra diventano realtà-verità e quotidianità: “Povero Stracci… non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo” dirà infatti il regista, alla morte della comparsa, senza commozione e patetismo. Come Cristo, Stracci è morto sulla croce. Ha tribolato e sofferto, anche se non si è sacrificato per la causa dell’uomo.

Titolo originale: La ricotta (quarto episodio del film RoGoPaG. Gli altri episodi sono: Illibatezza di Rossellini, Il nuovo mondo di Godard, Il pollo ruspante di Gregoretti)
Anno di produzione: 1963
Scritto e diretto: da Pier Paolo Pasolini
Fotografia: Tonino Delli Colli;
architetto Flavio Mogherini;
costumi Danilo Donati;
commento e coordinamento musicale Carlo Rustichelli;
Montaggio: Nino Baragli;
aiuto alla regia Sergio Citti, Carlo di Carlo.

Interpreti e personaggi: Orson Welles (il Regista, doppiato da Giorgio Bassani); Mario Cipriani (Stracci); Laura Betti (la “diva”); Edmonda Aldini (un’altra “diva”); Vittorio La Paglia (il giornalista); Maria Berardini (la stripteaseuse); Rossana Di Rocco (la figlia di Stracci).
Produzione: Arco Film (Roma) / Cineriz (Roma) / Lyre Film (Parigi);
produttore Alfredo Bini.
Pellicola: Ferrania P 30, Kodak Eastman Color;
Formato: 35 mm, b/n e colore;
macchine da ripresa Arriflex;
sviluppo e stampa Istituto Nazionale Luce;
doppiaggio CID-CDC;
sincronizzazione Titanus;
distribuzione Cineriz;
durata 35 minuti.
Riprese: ottobre-novembre 1962;
teatri di posa Cinecittà; esterni periferia di Roma.
Premi: Grolla d’oro per la regia, Saint Vincent, 4 luglio 1964