“MARPICCOLO” di Alessandro di Robilant

Il destino ineluttabile dei giovani tarantini

Taranto. Tiziano piccolo delinquente da quartiere, spaccia droga per conto del boss locale, al posto di andare la scuola.
La situazione in famiglia è molto pesante: la madre si arrangia come può, la sorella ha una malattia causata dalla diossina del vicino e inquinato “mar piccolo”, ed il padre scialacqua patrimoni al video-poker, collezionando debiti su debiti.
Tiziano dopo aver derubato il suo boss, viene beccato da questo, che per “risarcirlo” gli chiede un omicidio su commissione.
Il ragazzo finirà in un carcere minorile e una volta uscito capirà quale sia l’unica possibilità per costruirsi un futuro dignitoso.

Ora come non mai, dopo il grande atto di denuncia di Gomorra, sembra esserci stato un revival, del neo-neorealismo, un filone che era stato inaugurato nei primi anni 90, da Marco Risi, con film come Mery per sempre, e Ragazzi fuori.
Marpiccolo è stato tratto da un libro di Andrea Cotti, intitolato Stupido, e ha partecipato al Festival Internazionale del cinema di Roma 2009.
Alessandro Di Robilant esamina un mondo, quello delle borgate tarantine, dove l’assenza ed il disinteresse dello stato, lascia il fianco ad un potere alternativo; quello della malavita, che rappresenta drammaticamente l’unica via di scampo per i giovani dall’indigenza.

Quel che emerge è uno spaccato sociale, in cui l’ineluttabilità di un destino incontrovertibile la fa da padrone. Nemmeno il coraggioso amore di una ragazza, Stella, che ripetutamente spinge Tiziano a trovarsi un lavoro, ed a “rigare dritto” servirà ad evitare che il giovane si sporchi le mani di sangue. Il seme di questo nichilismo, e preventiva arresa dinanzi a qualsiasi possibilità di affrancamento, è già contenuto nella famiglia.
I padri se ci sono, elemosinano soldi e poi se ne vanno, le madri rimangono sole, schiacciate dai grossi fardelli della vita familiare ed i figli finiscono in balia del degrado che li circonda.

Se in questo aspetto il film, riesce ad esprimersi egregiamente, quel che non convince è la superficialità con cui vengono descritti i ruoli degli organi statali: Il discorso sulla “retorica” della scuola rappresentato dal personaggio della professoressa è piuttosto approssimativo mentre la scena della protesta contro il sindaco che ha permesso l’ubicazione di un ripetitore telefonico sopra la scuola, è stereotipata e poco credibile.
In compenso c’è un riscatto nell’ultima parte all’interno del carcere minorile, dove l’educatore, che per certi versi ricorda il Placido di Mery per sempre, incitando i giovani detenuti ad una presa di coscienza collettiva, dimostra loro la stupidità di una rabbia violenta che li mette l’uno contro l’altro e li rende ciechi dinanzi al vero problema: l’assenza dello Stato.

In Marpiccolo comunque lascia spazio ad una flebile speranza. Non è certo la speranza di cambiare/redimere una terra ed una società, ma piuttosto un barlume di ottimismo per l’avvenire, che se si realizzerà sarà comunque altrove (ovvero nel Nord Italia.)
Nel finale Tiziano lascia il suo paese, con la fidanzata, in sella alla sua moto da corsa, un veicolo giovane e scattante, come a dire che i mezzi per “uscirne fuori” ci sarebbero, ma di strada c’è n’è ancora molta da fare. Un film corretto e sincero che vanta, tra i punti di forza, una notevole prova degli attori(quasi tutti non professionisti), specie il ventunenne esordiente ex-calciatore Giulio Beranek.

Titolo originale: Marpiccolo
Nazione: Italia
Anno: 2009
Genere: Drammatico
Durata: 87′
Regia: Alessandro di Robilant

Cast: Giulio Beranek, Anna Ferruzzo, Selenia Orzella, Michele Riondino, Giorgio Colangeli, Nicola Rignanese, Roberto Bovenga
Produzione: Overlook Production, Rai Cinema
Distribuzione: Bolero Film
Uscita: Festival di Roma 2009
06 Novembre 2009 (cinema)