“NON TI MUOVERE” di Sergio Castellitto

La stanza dell'io rimosso

Dal romanzo della moglie, Castellitto porta sullo schermo un crudo melodramma moderno quasi amodovariano.

Mentre sua figlia lotta contro la morte in sala operatoria in seguito ad un incidente in motorino, Timoteo (Sergio Castellitto), affermato chirurgo, instaura con lei un ideale dialogo che lo porterà a gettare la maschera di uomo rispettabile e a ripensare alla sua vita in un viaggio nei meandri del suo animo.

Dopo l’esperienza di “Libero Burro”, Sergio Castellitto torna alla regia con “Non ti muovere”, tratto dall’omonimo romanzo best seller della moglie Margaret Mazzantini (premio Strega 2002), per raccontare il viaggio interiore di un uomo bisognoso di amore e di verità, proprio nel momento in cui si trova a dover affrontare la prospettiva della morte della propria figlia. Questo delicato momento, unito al terrore della morte, fa scattare in lui il ricordo pieno di rimorsi di una relazione extraconiugale e clandestina avuta quindici anni prima con Italia (interpretata da Penelope Cruz, irriconoscibile e bravissima), una giovane albanese che viveva nella misera periferia romana. Quella con Italia è stata una storia di passione torbida, violenta e viscerale, consumata in luoghi squallidi e tenuta nascosta da Timoteo a moglie, amici e parenti, ma soprattutto a se stesso. Quella relazione clandestina è un ricordo con il quale Timoteo ora non può non confrontarsi; di fronte al dolore della minacciata perdita della figlia, è inevitabile per lui ripensare a quella storia di amore e di dolore con quel “rospo in minigonna” che ha sconvolto la sua esistenza. Italia lo ha svegliato da un’anestesia durata tutta una vita , dal torpore, dall’infelicità, dalla noia della sua vita quotidiana e del suo matrimonio e lo ha condotto con amore a riprendere consapevolezza di sé e della propria vita. La storia con lei, nata dalla violenza e tramutata in amore e in fine in rimorso, è stata per l’uomo l’occasione del riscatto, la possibilità di non fingere e di ritrovare finalmente sé stesso attraverso l’istinto, l’amore e il calore assente da tempo nella sua vita. La ragazza disgraziata è stata una forza salvifica nell’esistenza grigia di Timoteo e, per questo motivo, viene spesso inquadrata al centro di una croce (le strade visibili dalla finestra dell’ospedale) quasi per associarla alla figura di Cristo che ha espiato sul suo corpo le colpe altrui ; per lo stesso motivo, non è un caso, che la macchina da presa si soffermi più volte, nella baracca della donna, su un crocifisso penzolante.

Castellitto (regista) si muove su piani temporali differenti e, attraverso flash-back e flash-forward, passa dal presente al passato, dal passato al trapassato; al movimento temporale corrisponde un movimento emotivo che segue due line diverse e polarizzate, che si rincorrono e sovrappongono: quella della vita e quella della morte, quella della speranza e quella del dolore.
Nonostante il fin troppo positivo “tam tam” mediatico (voluto soprattutto per ragioni di promozione da Medusa (distribuzione) e Mondadori (casa editrice)), la sensazione personale è che Sergio Castellitto, attore di ormai consacrata bravura, dal punto di vista della regia non abbia osato più di tanto, rimanendo forse troppo ancorato al testo letterario; una maggiore libertà e un maggior distacco dall’opera della moglie, avrebbero forse deluso sì i migliaia di lettori del romanzo, ma avrebbero reso il film un po’ meno pedante e didascalico: a volte, infatti, la macchina da presa sembra soffermarsi eccessivamente su alcuni dettagli dando la sensazione che nel film ci sia il troppa carne al fuoco.

E’ uno stile, quello di Castellitto, che sembra ispirarsi al modello almodovariano, per la somiglianza di alcuni elementi a livello narrativo (drammi che si sovrappongono a drammi, in contesti di miseria e solitudine) ma anche per l’utilizzo melodrammatico della musica con pezzi di Lucio Godoy, che ricordano lo struggente “Tajabone” in “Tutto su mia madre”; per la scelta (indubbiamente perfetta) di affidare la parte di Italia a Penelepe Cruz, che ha affrontato simili temi scabrosi e melodrammatici nell’opera del regista spagnolo “Tutto su mia madre” ; per l’uso cromatico dei colori forti per stemperare situazioni violente. Anche se i risultati del maestro spagnolo del melodramma appaiono ben lontani, l’opera del regista italiano è comunque una buona prova all’interno dell’attuale panorama cinematografico italiano.
Il cast, oltre ai superbi Castellitto e Cruz, è composto anche da una bravissima ed inedita Claudia Gerini nel ruolo altamente drammatico di Elsa, la moglie di Timoteo; Angela Finocchiaro è l’intensa Ada; l’ottimo Marco Giallini è Manlio, amico di Timoteo; Elene Perino ha il ruolo di Angela, la figlia quindicenne di Timoteo ed Elsa. Da sottolineare la presenza di un inedito brano, “Un senso”, scritto da Vasco Rossi dopo aver letto il libro della Mazzantini. Il titolo della canzone è quanto mai azzeccato: infatti “Non ti muovere” è un film crudo, un film sulla morte come momento di riflessione sulla vita e sull’amore, ma che – a differenza del morettiano “La stanza del figlio”, privo di spiragli positivi – mostra in fondo al tunnel buio del dolore una luce di speranza, quasi a sussurrare che anche il dolore più tremendo e terribile possa avere, appunto, “un senso”.

Titolo originale: Non ti muovere
Nazione: Italia
Anno: 2003
Genere: Drammatico
Durata: 125′
Regia: Sergio Castellitto
Sito ufficiale: www.nontimuovere.it
Cast: Sergio Castellitto, Penélope Cruz, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro
Distribuzione: Medusa
Data di uscita: 12 Marzo 2004 (cinema)