“Sono stato dio in Bosnia. Vita di un mercenario” di Erion Kadilli

Un documentario per riflettere

È il 1991: Roberto Delle Fave, da Bordighera, provincia di Imperia, ha 24 anni ed è disadattato e sregolato. Fa il giornalista: la Liguria di ponente è zona di eventi mondani, si sa, e un personaggio come Toto Cotugno, anni dopo, dirà di lui che era “persino bravo”. Ma lo scoppio della guerra fratricida tra serbi e croati lo attrae di più che un festival di Sanremo. Lui parte armato di macchina fotografica e cinepresa. Vede e vive orrori atroci, che riprende con la freddezza di chi non conosce il contagio dell’ipocrisia, di chi non fa sconti per perbenismo. Proseguirà come soldato dell’esercito croato, armato di tutto punto, kalashnikov e quant’altro, cinepresa inclusa.

Vent’anni dopo, Roberto Delle Fave vive a Bordighera, con vari anaconda e altre bestie inconsuete. Erion Kadilli, studente di cinema di origine albanese e ligure di adozione, decide di conoscerlo, dopo aver letto su di lui il saggio “La guerra in casa”, del giornalista Luca Rastello.
Kadilli raccoglie nel suo documentario le dichiarazioni di questo tipo bizzarro, affermazioni spesso sconcertanti e paradossali, ma talmente forti che potrebbero apparire grossolane invenzioni, oppure far ripensare alla storia con altri occhi. Inserisce i filmati che Delle Fave girò in guerra, con tutto il dramma di quelle scene crude ma, senza dubbio, vere. Il documentario include anche altri filmati, come i dossier del giornalista Sandro Vannucci (“Soldato d’avventura” e “Finché c’è guerra”, per la Rai), nonché spezzoni della trasmissione “Piacere RAI 1”, dove Delle Fave fu ospite.

Il personaggio è discutibile, uno zelig in stile Woody Allen, uno spostato affamato di notorietà, oppure un pazzo o un esaltato; di se stesso dice di essere ora un eroe, ora un assassino; forse è tutte queste cose e molte altre insieme; oppure è solo uno sbandato che come tanti altri ragazzi da tutta Europa, è andato a fare il mercenario nei Balcani. Parla di una guerra strana, che con le sue atrocità sembra lontana anni luce dalla nostra società sicura e comoda; eppure così vicina da coinvolgere anche tanta politica di casa nostra. Della Fave cita qualche esempio: l’affaire Telekom Serbia, le responsabilità dello IOR…

Il documentario di Kadilli non è semplice compilazione, bensì un intelligente stimolo alla riflessione sulla banalità del male, a partire dalla frase di Theodor Adorno, in incipit: “Hollywood è l’altra faccia di Auschwitz”. Una dopo l’altra appaiono scene che fanno male nella loro crudezza, ma rendono onore alla verità e all’onestà intellettuale. Gli accostamenti non sono casuali, bensì taglienti nel mettere in risalto manierismi e ipocrisie di benpensanti o di presunti tali, con le loro morbosità ammantate di compassione (“Che cosa si prova ad uccidere?” chiede la conduttrice di Piacere RAI 1, la stessa persona che dieci anni dopo si candiderà nelle file del PDL).

Erion Kadilli, nato a Durazzo 29 anni fa, vive in Italia fin da bambino e attualmente studia al Dams di Torino. Ha prodotto in proprio questo documentario e lo ha finanziato con i proventi del suo lavoro di sguattero in estate sulla riviera ligure. Con “Sono stato dio in Bosnia” ha partecipato a rassegne di prestigio, vincendo numerosi premi. La pellicola al momento non è distribuita ma una copia può essere richiesta a mondokadilli@yahoo.it.
Altri lavori: “Primavera in Kosovo” (2008), dedicato all’indipendenza di Pristina da Belgrado; “La Montagna di Nietzsche. In viaggio con Gianni Vattimo” (2011), dedicato al filosofo torinese.

Regia: Erion Kadilli
Anno di produzione: 2010
Durata: 80′
Tipologia: documentario
Genere: biografico/guerra/sociale
Paese: Italia
Produzione: Overlook Production
Distributore: n.d.
Data di uscita: n.d.
Formato di ripresa: DV
Formato di proiezione: colore
Titolo originale: Sono stato Dio in Bosnia. Vita di un Mercenario
Altri titoli: I’ve been God in Bosnia. A life of a Mercenary Man