“ANTIGONE” di Sofocle

Uno scontro mortale tra leggi morali e leggi civili

Antigone, figura nata per il teatro che ha continuato ad ispirare la drammaturgia fino alle epoche più recenti (Alfieri, Cocteau, Brecht), è stata scelta per la chiusura di stagione del Carcano nell’efficace traduzione del poeta Giovanni Raboni, in grado con la sua semplicità di dare ancor più incisività e corpo a dei personaggi già nitidi e scolpiti dal testo.

Antigone, figlia di Edipo, assiste come tutti gli abitanti di Tebe alla lotta fratricida fra i suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, per la conquista del regno ereditato dopo la morte del padre. Dopo lo scontro, che vede la morte di entrambi i fratelli, Creonte, fratello di Giocasta e zio di Antigone, fa di Tebe una tirannia, assumendo ogni potere. Le nuove leggi imposte dal despota impongono regole diverse per i due cadaveri: Eteocle, legittimo re al momento della lotta, avrà una sepoltura con tutti gli onori all’interno della città; Polinice, rivendicatore del trono che i due fratelli dovevano spartirsi, è considerato nemico di Tebe e come tale viene lasciato al di fuori delle mura, senza aver diritto a funerali e ad essere compianto. Ma in Antigone prevale la pietà anche per il fratello “invasore” e, contravvenendo alla legge, dà sepoltura a Polinice. La pena per la trasgressione è alta, è la vita: nonostante Antigone sia la futura sposa del figlio Emone e non volendo ascoltare le predizioni di future sciagure dell’indovino Tiresia, Creonte applica implacabilmente le leggi da lui stesso volute, condannandola alla prigionia e causandone la morte. La scelta del tiranno avrà conseguenze terribili per lui e per tutta quanta Tebe: vinto dal dolore per la morte dell’amata, anche Emone di uccide e dopo di lui la madre e sposa di Creonte, Euridice. Il commento coro conclude solennemente il tragico destino di Tebe e della stirpe del suo re.

Antigone è forse l’eroina mitologica più rappresentata nella drammaturgia e nella letteratura. La sua storia è spunto per riflessioni profonde e sempre attuali sul dissidio tra le ragioni del cuore, rappresentate dalla scelta che lei compie, e le ragioni della mente, le leggi del tiranno Creonte. Leggi morali contro leggi civili, leggi divine contro leggi umane, che entrambi sentono di dover giustamente seguire. Antigone compie il suo gesto di pietà perché spinta da un volere divino, cui dà ascolto nonostante la consapevolezza di andare incontro a morte certa. Antigone muore, così come sono morti Eteocle e Polinice e così come muoiono Emone e Euridice, mentre Creonte rimane vivo, ma è il tiranno ad uscire sconfitto, perché la morte di Antigone serve a dar vita quel senso di libertà assoluta che lei stessa rivendica e rappresenta. La sua scelta libera lei come donna e libera la città dalla tirannia, gettando le giuste ombre su questo tipo di istituzione. È Creonte infatti, inflessibile e spietato, ad avere infine paura trovandosi di fronte ad un animo così incrollabile, tanto più lucido nella sua apparente follia.

In un palco libero, con corde e attrezzature tecniche a vista, si volge al Carcano la vicenda di Antigone. Una vicenda vissuta e consumata nella città di Tebe, con gli spettatori che improvvisamente si accorgono di essere essi stessi i cittadini di Tebe, partecipando in prima persona alle sorti della “loro” città grazie agli attori che a loro si rivolgono e che a loro si mescolano. Un Giulio Bosetti a tratti un po’ appannato non ha influito sull’interpretazione globale di un testo così forte e vivo per sua stessa natura, grazie anche alla presenza di un’intensa Marina Bonfigli come elemento guida del coro, più che nei panni di Euridice.

ANTIGONE
Compagnia del Teatro Carcano
Con Giulio Bosetti, Marina Bonfigli, Sandra Franzo
Costumi Guido Fiorato
Musiche Giancarlo Chiaramello
Regia Giulio Bosetti
In scena al Teatro Carcano di Milano dal 26 aprile al 14 maggio 2006
www.teatrocarcano.com