“Il Cartaio” di Dario Argento

Rischiare con in una mano ben poco. Un deludente thriller post post-moderno hi-tech firmato Dario Argento.

“Il Cartaio” è la storia di un serial killer che lancia una sfida alla polizia di Roma: risparmierà le sue potenziali vittime solamente se qualcuno riuscirà a batterlo in una partita di videopoker in rete, ogni mano vinta dal cartaio corrisponderà ad una mutilazione sul corpo delle giovani vittime, mostrate alla polizia attraverso una web cam.

A distanza di più di due anni da “Non ho sonno”, che nel 2001 divise (come spesso accade per i film di Dario Argento) sia i critici che il pubblico, il maestro italiano del brivido propone un thriller girato in maniera interessante (l’abilità dietro la macchina di presa di Dario Argento non viene smentita) ma inguardabile da altri punti di vista.

Il maestro dell’ horror a proposito di questa sua sedicesima opera dice: “è un film sul male, qualcosa che non conosce mai crisi; e sulla tecnologia e il suo potere di farsi strumenti del male”. Il soggetto e l’idea iniziale del film, infatti, con la fusione di elementi quali il fascino del poker e la tecnologia moderna, sono sicuramente un buon punto di partenza, ma nel film non c’è quella curiosità, quel senso del mistero e quella suspance a cui ci aveva abituato il grande regista romano. Tanto per fare un esempio: la scena dell’irruzione a casa del commissario (Stefania Rocca) non si avvicina minimante ai livelli di tensione delle scena dell’inseguimento nel treno in “Non ho sonno” , e nonostante luna e vento facciano da contorno alla scena, i paragoni con Phenomena appaiono quanto mai azzardati. La sceneggiatura è quantomeno inverosimile (poche idee e molti “buchi”), alcune scene sono narrativamente imbarazzanti; la figura del serial killer è scontata, banale, con personalità e motivazioni superficiali e poco credibili; i personaggi di contorno sono in bilico tra l’inutilità e il cliché; l’interpretazione degli attori appare spesso inadeguata e la scelta di girare in inglese e il successivo doppiaggio in italiano degli stessi interpreti peggiora la qualità dei dialoghi già di per se banali, fino a farli sfiorare il ridicolo (“Quando gioco sento il vento nelle mani” dice il giovane Silvio Muccino).

Il film nel suo complesso lascia profondamente delusi anche se, come detto, alcune componenti sono più che positive come: il montaggio, gli effetti speciali artigianali di Stivaletti, le musiche di Simonetti (elettronica- techno), la fotografia di Benoit Debie, esperto direttore dei progetti Dogma; anche l’inedita interpretazione del giovane Silvio Muccino in un ruolo drammatico è molto convincente, così come sono di grande impatto visivo alcune sequenze visionarie e suggestive nella periferia di Roma o sotto i ponti del Tevere tra ombre e luci naturali.

Con “il Cartaio” non stiamo parlando propriamente di un film “horror” – dove i personaggi possono essere usati con i loro corpi esclusivamente per essere lacerati, infilzati, spappolati, e dove si può fare a meno di belle recitazioni e dialoghi discreti – ma di un thriller-giallo cerebrale dove una componente fondamentale è posta nelle parole e nei dialoghi; ed è proprio questo il motivo che rende deludente l’ultimo film di Dario Argento: dal momento che ne “il Cartaio” manca sia quello scorrere di fiumi di sangue, tipico del genere “horror”, che ha reso celebre il regista (Profondo Rosso, Suspiria, Inferno, Trauma) sia quella struttura narrativa logica e quella scrittura dei dialoghi robusta che lo avrebbero reso un interessante thriller psicologico.

Regia e Soggetto: Dario Argento
Sceneggiatura: Dario Argento – Franco Ferrini
Produzione Cinematografica: Opera Film s.r.l
Fotografia: Belga Benoit Debie
Montaggio: Anna Napoli
Scenografia: Antonello Geleng
Attori: Stefania Rocca, Liam Cunningham, Silvio Muccino,
Fabio Poggiali, Adalberto Maria Merli, Federico Pacifici, Mia Benedetta, Fiore Argento –
Location: Roma