Il nome Benni è sinonimo di vivacità e ironia tagliente. L’”amatissimo” riconferma il suo talento, la sua unicità, in La grammatica di Dio, l’ultimo libro, uscito nel 2007. Storie ciniche, dense di significati nascosti e non, in cui sono il colpo di scena, o l’assurda ambiguità, o ancora la patetica convinzione dei personaggi, ci fanno sorridere, provocano tristezza e sorpresa.
Sono storie di solitudini atroci, sacrifici, violenze, di speranze impossibili. Storie di uomini alla ricerca di una fede, della grammatica di Dio. Ma coloro che guardano il cielo si rivolgono a una divinità comunque lontana e indifferente.
Stefano Benni è abilissimo nel farci osservare la realtà con occhi disincantati. È un pittore di pagine scritte, uno scultore di emozioni che vuole destare clamore, far rabbrividire, risvegliare la massa di automi che spesso capiamo di essere, riflettere, con amarezza, sulle disgrazie del mondo, sulla violenza e lo sfruttamento, sulla pedofilia; ci insegna che nessun uomo è solo, ci insegna il rispetto verso gli animali, fedeli, ossessivi compagni; ironizza sulla società “cellularizzata” e su chi è così disperato da autochiamarsi, per far vedere a tutti di avere un posto nel mondo. Ci “sbatte” davanti agli occhi ragazze giovani, drogate e sole, piccole Alici, che vivono in un paese che ha ben poco di meraviglioso. Ciò che colpisce, oltre al coraggio è una sensibilità particolare, nuova, interpretabile come un adattamento al mondo circostante, più incerto che mai.
Le emozioni sono le stesse, le situazioni sono diverse. “Storie di solitudine e di allegria” in un’era consumistica. È un libro-relax, ma allo stesso tempo un libro-evasione e un libro-condanna, da leggere di corsa…