Siamo entrati nella fabbrica per i sopralluoghi e più che la parte bruciata mi ha colpito il resto, lo squallore, la tristezza, la morte che il luogo in sé, la fabbrica appunto, emanava. Il mio viaggio dentro la fabbrica è cominciato da lì. Sentivo il bisogno di partire da quel dolore cercando di entrare nella sua profondità, evitando il pietismo che è solo prodotto dall’ipocrisia. (Pippo Delbono)
Le radici del nuovo spettacolo di Pippo Delbono si trovano ne “Il processo” di Kafka. Dopo averlo letto, Delbono voleva tradurre in scena ciò che di più forte quel libro aveva lasciato in lui: il senso del potere che ci sovrasta e ci condiziona. È stato Mario Martone a suggerire l’idea di costruire un allestimento partendo dalla tragedia della ThyssenKrupp, l’acciaieria dove nel dicembre 2007 un incendio aveva causato sette vittime tra gli operai. Prendendo spunto da quelle morti sul lavoro, da quella ferita cittadina (ma nazionale al contempo), il noto attore-regista ligure sfida se stesso nel parlare di una delle più grandi menzogne dei nostri tempi. Quella non solo dei grandi sistemi politici ma anche quella dei piccoli.
Come in molti dei suoi spettacoli, le parole non servono e paiono inglobate in lunghe pause. In questo caso, i vuoti dialogici sono semplicemente sterili e privi di qualsiasi semantica. Le urla emesse dagli attori dovrebbero, in teoria, uccidere, ma nei fatti stordiscono e ingigantiscono lentamente un disordine che si declina in più ambiti. Non solo recitativo ma anche estetico ed empatico.Per tutta la durata dell’atto, si avvisa (anche se con fatica) la necessità di sollevare certi interrogativi ma le modalità con cui nascono sono forzate e poco naturali. Il lato poetico de “La menzogna” è continuamente sfuggente. In più di un’occasione, Delbono sembra quasi demandare la volontà di mettersi a nudo (e quindi superare il falso) ad agenti esterni a lui. Come se spettasse solo alle persone fuori dagli schemi (come Bobò) farsene carico.
Si vorrebbe scavare dentro il buio della natura umana alla caccia di un senso che permetta di continuare a rischiare o quantomeno mettersi in gioco. Nulla di tutto questo avviene. Esce fuori un grande caos dove sacerdoti, puttane, navigatori, freaks vengono messi sullo stesso livello esattamente come Wagner è accompagnato dalle note di un tango. Gli spettatori dovrebbero diventare i “guardati” (anche loro sono bugiardi) e non esimersi dal gioco del guardare e del non guardare ma, in realtà, cadono in una grossa confusione che ha un esito molto lontano dagli intenti sinceri e costruttivi del regista.
LA MENZOGNA ideazione e regia Pippo Delbono
Scene Claude Santerre – Luci Robert John Resteghini – Costumi Antonella Cannarozzi
con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Raffaella Banchelli, Bobò, Antonella De Sarno, Pippo Delbono, Lucia Della Ferrera, Ilaria Distante, Claudio Gasparotto, Gustavo Giacosa, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Julia Morawietz, Gianni Parenti, Mr. Puma, Pepe Robledo, Grazia Spinella.
Emilia Romagna Teatro Fondazione (Progetto Prospero), Fondazione del Teatro Stabile di Torino, Teatro di Roma, Théâtre du Rond Point, Maison de la Culture d’Amiens, Malta Festival Poznan
www.teatrodiroma.net