People Meet in Architecture

Uno sguardo alla 12. Mostra Internazionale di Architettura

Dominata a lungo dall’idea del grandioso, della sfida, tentata nel binomio uso-forma di privilegiare l’aspetto spettacolare a scapito della funzionalità e della sua utilità sociale, l’architettura moderna si è spesso resa testimonial del detto di Hanna Arendt “ il progresso e la catastrofe sono due gocce della stessa medaglia”.

Tuttavia va notato che dopo un periodo in cui le estreme sperimentazioni di mezzi e materiali pareva orientata solo al superamento dei canoni della classicità, si è tornati da qualche tempo a progettare, costruire ponti, auditorium, musei espressioni di una modernità coniugata con il rigore, la funzionalità oltre ad essere opere esteticamente molto accattivanti.
In perenne osservazione critica, quest’arte del costruire,vede affollarsi dibattiti, saggi, proposte per farla sopravvivere e tornare ai fasti del passato. C’è chi propone che l’architettura sia decisa dagli abitanti, a partire dalle bidonville (Yona Friedman “Architettura di sopravvivenza” Bollati Boringhieri), salvo poi non prendere in considerazione servizi essenziali come fognature, immondizie, energie. Altri, come Massimiliano Fuksas lamentano la mancanza di idee, soldi, regole, per cui il costruire oggi in Italia diviene sempre più impresa frustrante, umiliata da consorterie che fanno della opere pubbliche da costruire un sistema proficuo per intascare tangenti. Per il grande architetto l’architettura dovrebbe essere rischio, fiducia nel futuro, rifondare, ricostruire dalle macerie, se si vuole fare cessare la devastazione del territorio che ha portato in cinquant’anni ad un degrado maggiore di quello prodotto negli ultimi dieci secoli.

In questo panorama tutt’altro che roseo, una nota molto positiva è rappresentata dall’emergere di varie architette realizzatrici di opere funzionali, audaci, esteticamente affascinanti. Non stupisce quindi che anche alla Biennale di architettura di Venezia, giunta alla sua XII edizione, sia stata chiamata una donna, primo direttore in rosa di questa prestigiosa manifestazione. Si tratta di Kazuyo Sejima creatrice con il suo studio Sanaa di alcune fra le più innovative opere di architettura realizzate di recente in tutto il mondo, insignita del premio Pritzker considerato il Nobel dell’architettura. Nell’assumere l’incarico, Sejima ha spiegato la sua linea guida precisando che la mostra è l’occasione per sperimentare le molteplici possibilità dell’architettura e per dare conto della sua pluralità di approcci. Ogni suo orientamento- prosegue la curatrice, è in funzione di un modo di vivere diverso, ogni partecipante diventa curatore di sestesso e la mostrasi arricchisce di una molteplicità di sguardi, piuttosto che rispondere ad un orientamento univoco.

La Mostra dal titolo People meet in architecture che per gli organizzatori va tradotto La gente socializza con l’architettura, inaugurata il 29 agosto proseguirà fino al 21 novembre.
Accanto alla mostra principale ricca è la partecipazione di Paesi nazionali. Le Nazioni presenti sono 56 con l’esordio a Venezia per l’architettura di paesi come Albania Bahrain, Iran, Marocco, Ruanda. Particolarmente significativa la scelta di instaurare un rapporto organico con le Università italiane e straniere visto che il 40 per cento dei visitatori è costituita da giovani.

Per quanto riguarda il Padiglione Italia curatore è stato nominato Luca Molinari, designazione che ha riscosso unanimi consensi. Il titolo scelto è Ailati. Riflessi del futuro ed è per il curatore uno sguardo inedito e propositivo sull’Italia vista da più prospettive di pensiero di tempo e di spazio per offrire una visione di insieme lucida e inusuale che colga la complessità e la densità dei fenomeni in gioco nel nostra Paese e allo stesso tempo solleciti e richiami l’architettura italiana a comprendere il Paese reale, a interpretarne la metamorfosi, a cogliere i segnali del futuro senza paura. Il percorso passa attraverso il recupero della memoria collettiva degli ultimi venti anni della nostra architettura, traccia un ritratto realistico del Paese analizzando lo stato dell’arte e le risposte concrete che l’architettura sta dando a tematiche tradizionali quali la costruzione di spazi per la comunità, il rapporto con gli spazi antichi, la riconversione dei beni sequestrati alla mafia o gli strumenti dell’emergenza ambientale e territoriale, avvalendosi dell’apporto di idee di esperti della tecnologia, dell’ecologia”. Secondo il curatore il progetto che manifesta la migliore concordanza fra innovazione e tradizione è il restauro del Museo Depero di Rovereto, lavoro dell’architetto Renato Rizzi già premiato a lla triennale di Milano con la medaglia d’oro. Fedele alla prassi del futurista roveretano, Rizzi ha mirato a costruire una galleria museo capace al tempo stesso di conservare il passato e fosse aperto al nuovo. Poeta e filosofo a un tempo oltre che architetto, Rizzi dice di immaginare il museo come caverna – antro delle ninfe di Porfirio dove su enormi telai di pietra crescono le immagini del tempo.

Stupisce la presenza accanto a progetti dell’architetto Toni Follina di Toni Benetton noto fino ad ora per la sue sculture. Si tratta di un omaggio ai due artisti veneti giustificata per quanto rigurda Benetton dalle celebrazioni del suo centenario dalla nascita e dal fatto che l’omaggio propone una visone inedita dell’artista, presentato qui come scultore – urbanista per i suoi progetti tesi a valorizzare attraverso la scultura architetture periferiche e per dare dignità ad opere di nessun pregio.

L’Arsenale, uno degli spazi dell’esposizione accoglie una foresta di installazioni Nuvole effimere destinate a dissolversi, (Tetsu Kondo), Pietre misteriche per indurre alla meditazione, (Marcela Correa), proiezione di spazi di Niedermayr per una Teheran uscita finalmente dal giogo dell’oppressione, Cibic&Partners e le loro Microrealities. Non solo quindi architetti in senso proprio, ma più genericamente artisti espressione di altre arti, con i loro documenti visivi, i film,le provocazioni che ricordano la Biennale d’arte. Non ci si trova di fronte ad una mostra riservata e comprensibile solo dagli specialisti, ma ad un’esposizione a vasto raggio curata con passione e stile innovativo, capace di sollecitare l’interesse anche dei profani affascinati dalla varietà delle proposte loro offerte, “parco aperto dove entri e puoi fare quello che vuoi: camminare, parlare, sostare, guardare.

Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio