Vincitore della quinta edizione de “La realtà che ‘non’ esiste” realizzato da One More Pictures con Rai Cinema, “A voce nuda” di Mattia Lobosco (classe 1993) porta in scena all’Edera Film Festival 2024 un racconto necessario ed urgente sul tema del sextortion (letteralmente: estorsione sessuale) di cui poco si discute e poco si vuol conoscere, abbandonandolo in quel sottobosco di argomenti ed esigenze sociali dimenticati ed oscurati, di cui il corpo sociale e politico non vuole farsene carico.
Camilla, ragazza adolescente con la passione per la musica, sta cantando “Supereroi” di Mr. Rain in una sala prove, quando oltre al vetro, nota una ragazza che la sta riprendendo con il cellulare. La musica inizia a svanire, soffocata dal suono dei respiri di Camilla, la quale, in preda ad un attacco di panico durante la quale si percepisce nuda, esce all’aria aperta per cercare sollievo. Chiude la zip della felpa nera che indossa, mette il cappuccio in testa e cammina a passo spedito, ignorando chi le passa accanto e i richiami verbali della sua vocal coach (Andrea Delogu).
In questa prima sequenza di “A voce nuda”, il regista Mattia Lobosco, con una capacità di sintesi di scrittura impressionante, inserisce tutti gli elementi che abiteranno la narrazione, permettendo allo spettatore di entrare direttamente nella storia e di poter decodificare e delineare i fili con cui questa tesserà la sua trama e il suo ordito.
Con un’apertura del passo così chiara e concisa, il passaggio della trama avviene speditamente, sfruttando un ordito che si muove orizzontalmente tra le diverse temporalità. Attraverso l’utilizzo di flashback, che aiutano nella decodificazione della storia senza ingarbugliarne i fili, veniamo a conoscenza dell’evento su cui il cortometraggio si regge, di cui le conseguenze sono state presentate nella prima sequenza. La protagonista inizia una relazione on-line, chattando con un ragazzo conosciuto su Instagram; il desiderio di conoscenza e di scoperta, porta Camilla ad inviare contenuti personali in chat, non considerando la pericolosa assenza di tutela della privacy di quei messaggi. La fiducia riposta nell’altro viene stravolta nel momento in cui questo, per sadico divertimento e fetida vendetta, decide di mettere in rete le foto inviategli, intaccando così la reputazione e l’immagine di Camilla. La protagonista che viene fagocitata all’interno di un vortice fatto di vergogna e di impotenza, perdendo la sicurezza nell’altro entra in uno stato di paranoia e di paura, che la portano a chiudersi in sé stessa e ad isolarsi. Attraverso il supporto della sua vocal coach e di un suo coetaneo che totalmente scevro dei fatti accaduti riconosce le sue qualità, la ragazza riesce a scavare nella sua interiorità, muovendo la trama tra gli abissi della vergogna, gli anfratti della paura, le rocce della rabbia, fino a risalire e riuscire ad accarezzare la fiducia e ad abbracciare il coraggio. Il tessuto dell’interiorità che era stato lacerato viene ricucito, rindossato e finalmente mostrato, aprendo la zip della felpa nera indossata per tutto il cortometraggio. Nella scena finale, seguendo una struttura circolare, Camilla torna a cantare “Supereroi” accompagnata da Mr. Rain (cameo), dando voce a parole estremamente evocative che orlano il tessuto rigenerato.