E’ arrivato al teatro Goldoni di Venezia, Il nome della Rosa, spettacolo tratto dal famosissimo romanzo di Umberto Eco, per la regia di Leo Muscato e adattato per il teatro da Stefano Massini.
Quello che poteva sembrare un rischio, si è invece rivelato un successo. La scommessa, infatti, era quella di portare in scena uno dei romanzi italiani più conosciuti all’estero (già Premio Strega nel 1981), tradotto in quasi cinquanta lingue e adattato per il grande schermo dal regista francese Jean-Jacques Annaud e interpretato magistralmente da Sean Connery. La scommessa, infatti, è stata vinta su più fronti.
L’intrigante storia del “giallo medioevale” ripercorre i fatti vissuti in gioventù dal monaco Adso da Melk. Insieme al proprio “maestro” Guglielmo da Baskerville, scoprì tutta una serie di fatti inusuali all’interno di un monastero benedettino dell’Italia settentrionale che tanto sgomento e inspiegabile angoscia portarono a sconvolgere le giornate monastiche.
Un cast, quasi tutto al maschile davvero straordinario, si rivela in grado di tenere alta l’attenzione e la curiosità degli spettatori. Ottime le interpretazioni di Luigi Diberti (che interpreta il vecchio Adso) e di Luca Lazzareschi (un formidabile Guglielmo) che riescono a restituire in giusta misura la storicità e la complessità di due figure tanto opposte quanto intrecciate.
Bellissime la scene che ricostruiscono sapientemente sia l’interno del monastero che la complessa biblioteca in cui si sono svolti i fatti.
Uno spettacolo assolutamente da vedere, dove la storia e i personaggi continuano a conquistare, battuta dopo battuta, e dove lo spettatore sarà nuovamente affascinato dal mondo creato dal romanzo e da tutta la sua complessità.