1999. In un hotel di lusso in Svizzera, personale e ospiti si preparano per la festa di Capodanno e il fatidico passaggio al nuovo millennio.

Leggendo la trama di “The Palace” era lecito attendersi un film sì leggero, ma in grado di fare satira sociale contro i più abbienti in modo affilato e tagliente. Polanski invece sfodera un film a tratti divertente, ma che indulge nelle tipologie più grevi dello humor, tra battute falliche, defecazioni, e donne discinte. In sintesi, un cinepanettone d’autore, che lascia lo spettatore amante dei lavori del regista polacco tra lo sbigottito e l’inorridito.

Le (poche) intuizioni che elevano il film al di sopra del materiale vanzinian-delaurentisiano sono le caratterizzazioni del personale dell’hotel, tra cui spiccano la dolente solitudine del concierge e l’esuberante fatalismo del direttore. Il resto è tristemente dozzinale, nonostante la presenza di grandi attori come Mickey Rourke e John Cleese.

Polanski gira un film francamente inspiegabile e ingiustificabile se non invocando problemi economici o, banalmente, un personale desiderio di divertirsi. Succede, e nulla toglie al grande valore della produzione del cineasta, talmente elevato che questo filmetto può essere facilmente derubricato a incidente di percorso.

Allo spettatore non resta che rivolgersi a Polanski come un genitore si rivolgerebbe a un bambino solitamente disciplinato che ha appena commesso una marachella: “Per questa volta sei perdonato, ma che non capiti più.”