A Bellaria “Volevo solo vivere” di Mimmo Calopresti

I sopravvissuti italiani di Auschwitz raccontano

Direttamente dal festival di Cannes, dove era stato presentato fuori concorso, è stato proiettato, come evento speciale, al Bellaria Film Festival, il documentario di Mimmo Calopresti “Volevo solo vivere”.

Il regista ha realizzato il film visionando e selezionando centinaia di testimonianze in lingua italiana custodite negli archivi dello Shoah Foundation Institute for Visual History and Education, filmati di archivio e fotografie tratti dagli album personali dei sopravvissuti. Si tratta dell’episodio italiano di un progetto più grande a livello internazionale che vuole documentare la Shoah. Il film si basa sulle testimonianze di nove cittadini italiani sopravvissuti alla deportazione e alla prigionia nei campi di sterminio di Auschwitz.

“E’ la prima volta – spiega Mimmo Calopresti – che mi hanno chiesto di fare un film, ma è stata una richiesta che riguardava un tema a cui tenevo molto e fa parte di un progetto di cui Steven Spielberg è stato un iniziatore; dopo aver girato Schindler’s list ha deciso di investire tempo e soldi all’interno della Shoah Foundation dove ci lavorano storici, volontari, ex internati.
Quando ti trovi dentro ad un progetto di questo tipo ti rendi conto che devi rapportarti ad un avvenimento storico per l’umanità, ma poi ci sono le singole persone con le loro storie. La mia idea è stata quella di ascoltare cercando poi restituire un percorso fatto da tante esperienze dolorosamente diverse”.

Un lavoro minuzioso di ricerca sviluppato con grande attenzione.
“Un anno prima di girare questo montaggio – racconta il regista – ho fatto un viaggio a Auschwitz, organizzato dal Comune di Roma, insieme agli studenti e ai sopravvissuti, quello che loro chiamano “il passaggio della testimonianza”. E’ stato importante per capire meglio.
Nel film ho poi inserito del materiale di repertorio, tra cui il discorso di Mussolini fatto a Trieste nel 1938 sulle leggi razziali, un documento che non si trova molto in giro e che ho recuperato al Museo della Resistenza a Torino.
Ho deciso di parlare di Auschwitz perché è il campo degli italiani. Certo, il racconto della Shoah è un racconto dell’incredibile, per molti anni i sopravvissuti non ne parlavano anche per la paura di non essere creduti.
La sfida di questo film è stata quella di utilizzare del materiale di repertorio già fatto e riscrivere un racconto attraverso il montaggio e questo avviene con grande intensità emotiva cercando di restituire ad ogni individuo la sua storia”.