“Essential Killing” di Jerzy Skolimowski

Essential Cinema

Venezia 67. Concorso
Il polacco anticonformista Skolimowski incontra uno degli attori di culto della scena americana per interrogarci: cosa c’è di “essenziale” nell’atto di uccidere? Solo questo: io vivo – tu muori.

C’era da aspettarsi una miscela esplosiva dall’incontro di uno dei più geniali autori del cinema polacco con il lunatico e umorale Vincent Gallo. Nessuna delusione: l’esplosione c’è stata, e i pezzi di cinema prendono a volare fin dall’incipit, insieme ai brandelli di carne dei tre soldati americani fatti saltare in aria da “Mohammed”, nome più simbolico che reale per questo antieroe silente costretto ad uccidere per poter prolungare anche solo di un giorno la sua attonita agonia antropologica.

Si parte dalle gole dell’Afghanistan, dove un probabile talebano (il Mohammed interpretato da un “animalesco” Gallo) viene catturato dagli americani. Ma questa cornice storica è forse poco più che un pretesto per scatenare una caccia all’uomo senza sosta in cui, nella seconda parte, il fuggitivo torna all’essenzialità scarna e ancestrale della sua sopravvivenza. Vale tutto: ogni mezzo per uccidere gli animali nemici (che siano uomini, cani o pesci è “in-essenziale”) in un ambiente ostile e al limite della sopportabilità umana. Come se in un videogioco di guerra il player, annoiato dalle regole imposte, settasse il livello sulla difficoltà IMPOSSIBILE.

Non è un videogioco, però, questo Essential Killing: è un gioco al massacro motivato non dall’odio, bensì dal più basilare istinto di sopravvivenza, una bruciante scarnificazione dei fondamenti della vita umana fino a farle riassumere le sue forme e funzioni biologiche cardinali: caldo vs freddo; cibo vs inedia; sanità corporea vs dolore.

Rambo?, Il fuggitivo? Forse… ma siamo quasi sicuri che il buon Skolimowski (sceneggiatore e studioso di cinema già dagli anni Sessanta) abbia tenuto a mente un classico del cinema cecoslovacco: I diamanti della notte di Jan Nemec (1964), maestro della nouvelle vague praghese. Anche lì due fuggiaschi vagavano senza speranza per tutto il film in un bosco inospitale, riducendo le proprie attività vitali all’essenziale: ricerca del calore corporeo, sostentamento alimentare d’emergenza e distanza massima possibile dagli altri animali che li braccavano (in quel caso i tedeschi).
I parallelismi con il film di Nemec si sprecano: dall’arrancare disperato del fuggiasco per i pendii scoscesi ai flashback onirici sulla sua vita prima dello scoppio della violenza, dall’incontro della donna “portatrice di latte” alla stessa citazione bunueliana delle formiche sulla mano. Lì, come qui, il fuggiasco non ha bisogno di parole, ma di fonti vitali; lì, come qui, non è importante lo scioglimento narrativo o l’esito della fuga, bensì lo studio entomologico delle possibilità ultime della specie umana. Non si tratta di plagio, ma di un’intelligentissima e bruciante attualizzazione della stessa poetica della sopravvivenza ad ogni costo, del doloroso ritorno a ritroso lungo la scala evolutiva e della fusione obbligata con la natura inospitale.

Di non immediata lettura poi i riferimenti alla cultura polacca: il fatto stesso che il convoglio di prigionieri non venga trasportato su territorio americano, bensì in una landa innevata che scopriremo essere la Polonia (parlano polacco tutti gli abitanti della foresta, ma non abbiamo alcuna indicazione registica esplicita in proposito) nasconde un riferimento polemico alle basi militari USA probabilmente presenti nel nord Europa, ai limiti della legalità internazionale. Il fatto che la sua patria, già vittima da secoli di invasioni e spartizioni violente, venga trasformata nel teatro di guerra di una causa straniera, può essere letto come un’accusa politica neanche troppo criptica di Skolimowski.

Se consideriamo poi che il finale vede il mesto e desolato allontanamento di Mohammed su quello che è il simbolo della nobiltà e della gloria nazionale (il cavallo bianco delle armate polacche) il film si arricchisce di ulteriori spunti simbolici: già in Andrzej Wajda (si ricordi anche solo Lotna, storia di un “magico” cavallo bianco) o in Cwal di Zanussi questo animale viene investito di significanze complesse, legate al destino nazionale e alla libertà dello spirito.
Vedere il destriero bianco coperto dal sangue di una “vittima di guerra” straniera non è dunque solo un’immagina cromatica ad effetto.

Titolo originale: Essential Killing
Nazione: Polonia, Norvegia, Ungheria, Irlanda
Anno: 2010
Genere: Thriller
Durata: 83′
Regia: Jerzy Skolimowski
Cast: Vincent Gallo, Emmanuelle Seigner, Nicolai Cleve Broch, David Price, Stig Frode Henriksen, Phillip Goss
Produzione: Skopia Film
Distribuzione:

Data di uscita: Venezia 2010