Intervista ad Alessandro Preziosi per il “Don Giovanni di Molière”

Alessandro Preziosi ci racconta il suo "burlator burlato"

Dal 3 al 15 febbraio al Teatro Nuovo di Milano, Alessandro Preziosi, con un adattamento di Tommaso Mattei, porta in scena il Don Giovanni di Molière, insieme a Nando Paone e Lucrezia Guidone.

Abbiamo incontrato il regista e attore Alessandro Preziosi, che torna a calcare le scene del Teatro Nuovo dopo Amleto e Cyrano.

Qual è il suo rapporto con Milano?

“Se dovessi paragonare Milano a una donna, direi che è una donna falsamente timida. Io mi sento più milanese che napoletano e tornare qui è un’occasione imperdibile. Lo spettacolo che portiamo in scena con Nando Paone si addice molto a questa città”.

Perché ha scelto di portare in scena proprio il Don Giovanni di Molière?

“Per la sua contemporaneità. Per la sua contemporaneità sconcertante!!!
_ E poi per la bellezza del Don Giovanni, legata al fatto che la società non può fare a meno di questo personaggio seducente”.

Cosa vuol dire? Cioè cosa intende per contemporaneità sconcertante?

“Penso all’utilizzo della maschera di cui si serve la società, pensando di poter ingannare tutto e tutti, ma poi è una maschera attraverso cui il Don Giovanni, e la società, inganna sè stesso. Sedurre e subire il contraccolpo di subire la propria seduzione. Il Don Giovanni di oggi è colui che seduce il proprio interlocutore attraverso il linguaggio”.

Il testo è adattato da Tommaso Mattei. Tradurre Molière non è un lavoro semplice, a volte è impossibile. Come avete affrontato questa trasposizione?

“Tradurre Molière, è vero, a volte è impossibile a meno di non rendere molto complesso l’adattamento teatrale di certe locuzioni. Ci sono lunghi periodi che accompagnano il pentagramma di Molière. Tommaso Mattei ha lavorato per restare fedele all’ascolto del testo, ha dato una voce moderna a Molière per cercare di renderlo il più accessibile. Questa è una traduzione recitata. Ovvio che non si poteva fare un copia incolla con il testo francese”.

Quindi, lo spettacolo è una rivisitazione in chiave moderna?

“No. Non proprio. Abbiamo lasciato intatta la struttura classica e il cinismo delle situazioni. Abbiamo rischiato, ci siamo presi le nostre libertà, per mettere lo spettatore nelle condizioni di potersi sentire vicino a Molière.
_ Credo che il modo migliore per comprendere il Don Giovanni di Molière sia farlo”.

Perché ha messo in scena questi classici, prima Amleto, poi Cyrano, ora Don Giovanni?

“Non voglio passare per ipocrita. Prima di tutto i classici sono sempre una sicurezza e fanno incassare il Teatro, che ne ha bisogno. E poi la società avrà sempre bisogno della bellezza dei classici”.

Come si definirebbe nei panni di Don Giovanni?

“Il mio Don Giovanni è quanto di più verosimile ci possa essere. Mi ricorda, come maschera, quella di un pagliaccio, ma non nel senso più strettamente circense del termine, bensì in un’accezione antica. Un burlaror burlato, che prende in giro, ma alla fine prende in giro solo se stesso. In questo Don Giovanni c’è tutto il mio istinto di provocatore nell’andare a cercare quanto di più autentico ci sia”.

Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio