Intervista alla Prima Ballerina del Balletto di Amburgo

Silvia Azzoni racconta la sua danza interpretativa

La Prima Ballerina del Balletto di Amburgo non è tedesca, come ci si potrebbe aspettare, ma italiana. Precisamente di Torino. Anche se ormai vive stabilmente in Germania da anni, nel suo Paese d’origine torna spesso e sempre volentieri, in occasione di spettacoli, eventi, o semplicemente in vacanza.
Non Solo Cinema intervista la Prima Ballerina dell’Hamburg Ballett in occasione del Gran Gala “Il Cigno Nero” al Teatro Duse di Bologna

Non Solo Cinema l’ha incontrata a Bologna l’8 gennaio, in occasione del Gran Gala “Il Cigno Nero”, allestito da Daniele Cipriani e Vittoria Cappelli presso il Teatro Duse. Una serata di danza tra le più belle che si siano mai viste negli ultimi anni in Italia, alla presenza dei primi ballerini dell’American Ballet di New York, dell’Opéra di Parigi, del Balletto di Roma e, appunto, dell’Hamburg Ballett.

La Azzoni ha portato in scena due pezzi, tra cui la celebre interpretazione della Sirenetta di John Neumeier, che nel 2008 le ha regalato il Benois de la Danse. Con lei, sul palco, il primo ballerino e marito Oleksandr Ryabko. Una coppia affiatatissima ed estremamente preparata, che ha saputo come scatenare i calorosi applausi del pubblico presente in sala.

Partiamo proprio dal Gran Gala “Il Cigno Nero”, che ti ha visto danzare a Bologna insieme alle coppie di ballerini più importanti del mondo. Puoi raccontarci qualcosa di questa esperienza?

“E’ stata molto bella e interessante, per vari motivi. Innanzitutto devo dire che a me il film “Il cigno nero” è piaciuto tanto. L’ho trovato un buon thriller, con la giusta suspense, e credo che questo sia proprio il risultato a cui il regista stesso mirava. Non mi aspettavo un film sulla danza romantica e sognante, quindi non sono affatto rimasta delusa. Allestire uno spettacolo teatrale prendendo spunto da un film del genere mi è sembrata un’ottima idea. Per la prima volta si è data la possibilità allo spettatore di assistere a un balletto classico come “Il lago dei cigni”, interpretandolo però attraverso dimensioni diverse e arricchendolo di contaminazioni stilistiche”.

Nel tuo caso, il personaggio portato in scena non è stato il cigno, ma la Sirenetta, sulle coreografie di John Neumeier, Direttore Artistico del Balletto di Amburgo e genio della danza apprezzato a livello mondiale. Tu collabori con lui ormai da tanti anni. Come descriveresti il suo stile?

“La nostra è una compagnia che, pur non tralasciando i classici (come appunto “Il lago dei cigni”, “La Bella Addormentata” e altri), non si limita soltanto ad essi. Molti dei nostri balletti si avvicinano a una danza che definirei interpretativa. Non è un caso se la parte iniziale del nostro lavoro, quando ci avviciniamo a un pezzo nuovo, non è tecnica, ma teoria. Si parte dalla comprensione sentimentale e ideologica del personaggio, per poi arrivare ai passi. Il ruolo viene da sé in seguito a un lavoro psichico e filosofico”.

Qual è, nello specifico, la storia di questa celebre interpretazione della Sirenetta?

“In origine era stato creato per una ballerina del Balletto Danese. Quando ho visto il video e mi è stato detto che avrei dovuto calarmi nei panni di questo personaggio meraviglioso, così intenso, mi sono spaventata. Ero certa che non sarei mai riuscita a ottenere un risultato altrettanto buono! Invece, sin dalla prima prova la Sirenetta mi è entrata nel corpo e non ho fatto nessuno sforzo per imparare i passi, né per sentire il personaggio. È stato un processo naturale e istintivo”.

Dopo diversi anni, interpreti ancora in tutto il mondo con grande affetto questa creatura fantastica che ti ha portato tanta fortuna.

“Sì, mi piace continuare a interpretarla, soprattutto in contesti diversi, come nel caso del Gran Gala di Bologna. Partecipo sempre con molta gioia alle serate collettive, in cui si esibiscono ballerini da tutto il mondo, perché sono una splendida occasione per vedere stili diversi e per imparare qualcosa di nuovo. Se posso, mi siedo dietro le quinte e osservo gli altri ballerini mentre danzano. C’è tanto da apprendere dalle esperienze altrui!”

Nella tua carriera, però, non c’è stata solo la Sirenetta, ma una lunga serie di ruoli e personaggi affascinanti. A quali sei più legata?

“Ce ne sono tanti! Se dovessi sceglierne alcuni, ti direi Marguerite Gautier, de “La signora delle camelie” e ovviamente Giulietta, un classico intramontabile. È stato uno dei ruoli più importanti della mia giovinezza e mi è rimasto dentro, nella sua fusione di ingenuità e dramma. Sono molto legata anche a Nina, dal romanzo “Il gabbiano” di Cechov: una figura stilizzata, su una storia che si potrebbe considerare ancora estremamente attuale. Mentre pochi anni fa, quasi alla fine della mia carriera, ho ballato il Cigno bianco, un ruolo sognatore in tutti i suoi aspetti”.

Curiosiamo per un attimo dietro le quinte. Quanta fatica nasconde la vita di una Prima Ballerina?

“Tantissima. La vita privata e la carriera diventano di fatto una cosa sola. Gli impegni sono molti e si viaggia praticamente di continuo. Inoltre proviamo quasi tutti i giorni, per tutto il giorno. Occorre una grande disciplina, oltre che un’infinita passione”.

Nel 2008, in un’intervista affermavi che in Italia alcuni balletti sperimentali, o meno classici, non venivano ancora capiti e amati. Sono passati diversi anni. È ancora così?

“No, mi sembra che la situazione sia cambiata radicalmente. Il pubblico è più curioso e aperto alle novità, alle diversità e ai balletti interpretativi e drammatici. Vengono accettati meglio i ruoli che contengono non solo tecnica, ma anche emozione e sensazioni. In passato, chi veniva a vedere un balletto senza sapere esattamente che cosa aspettarsi, rimaneva spiazzato. Adesso, invece, c’è la voglia e l’interesse di assistere a proposte sperimentali e di mettere anche se stessi, con la propria personale lettura e interpretazione, nell’opera”.

Chiudiamo anticipando qualche tuo progetto futuro.

“Nella prossima stagione sarò Titania di “Sogno di una notte di mezza estate”, un ruolo che mi è sempre interessato. L’ho guardato per anni da dietro le quinte senza mai sentirmi pronta per affrontarlo e adesso invece, per la prima volta, sono matura a sufficienza per farlo. Inoltre, con mio marito sto lavorando a un pezzo sperimentale di una giovane coreografa molto talentuosa, in cui non ci limiteremo a ballare, ma saremo coinvolti a 360 gradi nell’interpretazione. Ci farà addirittura parlare e cantare! Mi piacerebbe molto proporre in futuro questo spettacolo in vari Paesi, tra cui l’Italia. A breve, invece, mi aspettano una tournée in Cina e tanti altri balletti!”

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Chiara Giacobelli è una scrittrice e giornalista nata nel 1983. Si è laureata a pieni voti in Scienze della Comunicazione e poi Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo. E' iscritta all'Ordine dei Giornalisti dal 2006 e ha pubblicato undici libri, tra cui il pluri-premiato saggio biografico "Furio Scarpelli. Il cinema viene dopo" realizzato insieme ad Alessio Accardo di Sky Cinema e al critico Federico Govoni. Nel 2016 è uscito il suo romanzo d'esordio "Un disastro chiamato amore" edito da Leggereditore del gruppo Fanucci. Come giornalista collabora anche con il gruppo Cairo Editore (Bell'Italia e In Viaggio), Affari Italiani, Luxgallery, oltre a tenere un blog culturale sull'Huffington Post. Il suo sito è www.chiaragiacobelli.com, oppure potete seguirla tramite Facebook, LinkedIn e Twitter.