“Loin des hommes” di David Oelhoffen

Bello senz'anima

Venezia 71. Concorso
1954: allo scoppio della guerra civile in Algeria, Daru, un insegnante francese, ma nato e cresciuto in Africa, si trova costretto ad accompagnare un algerino, Mohammed, dalle autorità francesi per sfuggire a una vendetta tribale. I due attraverseranno a piedi i Monti Atlas, superando i ribelli e l’esercito francese. Il viaggio creerà un profondo legame tra i due uomini, uniti dall’attaccamento alle proprie radici e dal desiderio di battersi per la propria libertà.

Gli ingredienti sembrano quelli del western: un deserto di polvere, sudore e sangue, che sembra estendersi a perdita d’occhio, all’interno del quale si muovono due fazioni rivali, pronte a tutto pur di prevalere. All’interno di questo contesto si muovono i due protagonisti, due vagabondi senza radici, un francese che si sente algerino e un algerino in fuga dal suo villaggio. La loro neutralità rispetto al conflitto non li salverà dall’essere coinvolti, innescando una crisi interiore che li porterà a mettere in discussione i propri valori.

David Oelhoffen prende le mosse da “L’hôte” di Camus per raccontare l’odissea di due uomini attraverso il deserto algerino, che diventa metafora del deserto valoriale creato dalla guerra civile, in cui vengono violate tutte le regole del vivere civile, a partire proprio da quelle di guerra, che diventa quindi massacro, strage sanguinaria, un conflitto ineluttabile da cui non è possibile fuggire. Ineluttabile è anche la condanna di Mohammed, che deve morire per mano delle autorità francesi per mettere fine a una catena di vendetta legata alle leggi tribali. Daru, dapprima restio ad accompagnarlo, si lascerà coinvolgere dal dramma personale dell’uomo, straziato tra dovere e senso di sopravvivenza. Tra i due nascerà una piena comprensione, soprattutto quando Daru comincia a rendersi conto che non potrà rimanere in Algeria: il suo essere di etnia francese lo rende un nemico anche agli occhi di quelli che sono stati suoi commilitoni, a dispetto del fatto che egli si senta più africano che europeo.

L’amicizia virile, un altro tema centrale del western, viene declinata in modo originale e profondo, esplorando l’intimità di un rapporto nato per caso ma che diviene via via più profondo e importante per i due protagonisti. Il finale è aperto, con i due protagonisti di fronte a un bivio che li costringerà a scegliere tra dovere e sopravvivenza, tra cuore e ragione, tra il restare in mezzo a uomini che si comportano come bestie e l’andare lontano dagli uomini per vivere da essere umani.

Il film è girato splendidamente, con una fotografia che indugia spesso e volentieri sul campo lungo, ma non lesina intensi primi piani, tutto sotto una luce intensa, soffocante, in cui le immagini diventano sfocate e tutto si confonde. Il ritmo è eccessivamente lento, ma il film crea comunque suggestioni visive ed emotive che riescono a mantenere alta l’attenzione. Ciò che manca, tuttavia, è la capacità di emozionare e coinvolgere lo spettatore, che viene invece tenuto a distanza, raccontando la vicenda con scarsa empatia, quasi fosse una cronaca. Il regista delega ogni risvolto emotivo alle interpretazioni dei due protagonisti che, pur eccellenti (strepitoso Viggo Mortensen, che padroneggia arabo e francese con la stessa naturalezza dell’inglese), non possono supplire in toto alle mancanze della sceneggiatura

Loin des hommes risulta quindi bello ma senz’anima, ricco di spunti interessanti sia a livello narrativo che visivo, ma incapace di coinvolgere lo spettatore. Rimane la sensazione di un’occasione mancata, dato che il materiale è di altissimo livello.

Titolo originale: Loin des hommes
Nazione: Francia
Anno: 2014
Genere: Drammatico
Durata: 110’
Regia: David Oelhoffen
Cast: Viggo Mortensen, Reda Kateb
Data di uscita: Venezia 2014