“…E ora parliamo di Kevin” di Lynne Ramsay

Diario di una strage

Intensa lettura del rapporto madre/figlio, …E ora parliamo di Kevin punta i riflettori sulla degenerazione dei rapporti familiari, là dove paiono venire meno le basi essenziali che ne sostengono la complessa struttura: Lynne Ramsay dedica il suo terzo lungometraggio (dopo Ratcatcher – Acchiappatopi e Morvern Callar) a una nuova riflessione sulle dysfunctional families, soggetto che, fra drammi e commedie dolci-amare, ha saputo raccontare il volto – talora realistico talora grottesco – dell’umanità nelle sue dinamiche apparentemente più spontanee e naturali.

…E ora parliamo di Kevin è il diario di una strage, dapprima “solo” familiare e poi destinata a deflagrare in un’esplosione di violenza dal respiro più ampio, uno stillicidio che da lento e inesorabile si fa repentino e irruento e che fa precipitare una madre annichilita in un vortice disturbante di sensi di colpa: perché non c’è nulla di più sconcertante della consapevolezza di aver dato vita a un individuo che ha fatto della cattiveria la propria bandiera e della distruzione il proprio obiettivo e di non essere stata in grado di controllarlo e di proteggere dalla sua furia silenziosa chi lo circondava.

A dispetto di alcune evidenti affinità tematiche, siamo ben lontani dall’illividita durezza psicologica di Elephant di Gus Van Sant e dalla sua asciuttezza formale: Lynne Ramsay sceglie un approccio più “sensoriale”, dando vita a un labirinto visivo ed emotivo che scava nelle paure ancestrali, colorandole di quel rosso vivo e violento che può sì evocare energia (come nella sequenza d’apertura con la Tomatina di Buñol, l’appassionata “guerra dei pomodori” spagnola) ma anche scenari di inaudita ferocia.. Incubi e ricordi si intrecciano in un vortice che viaggia su piani temporali diversi, in una rassegnata e sincopata maratona della memoria che si perde negli inferi della quotidianità, là dove ormai non c’è più spazio per le parole e le dissertazioni: We need to talk about Kevin recitava il titolo originale e la centralità della comunicazione rappresenta davvero un nucleo narrativo essenziale, inizialmente come insoluta esigenza familiare e in seguito come fonte di disagio collettivo.

L’impossibilità di trovare spiegazioni lascia spazio ad un’afonia generale che restituisce la dimensione del lutto di una comunità sfregiata, che allo sbigottimento e alla rabbia risponde con la necessità (ingiusta eppure comprensibile) di isolare e condannare l’impotenza e l’esistenza stessa di una madre che è stata a sua volta vittima. Ramsay non cerca di dare spiegazioni, si limita a seguire il fluire delle suggestioni suggerite dai personaggi e a collocarle nel suo schema espressivo, che attinge copiosamente dal repertorio stilistico del “cinema indipendente” screziato talvolta da digressioni che paiono ammiccare alle forme della videoarte: …E ora parliamo di Kevin azzarda e si mette in gioco, incappando addirittura in una serie di ingenuità (soprattutto di scrittura) che indeboliscono forse l’idea di potenza distruttiva che fa da sottotraccia al progetto ma che comunque rendono giustizia al senso di sofferenza e inquietudine che permea la pellicola.

…E ora parliamo di Kevin è una parabola tragica su un dramma inspiegabile e sulla profonda incomprensibilità dei sentimenti e delle emozioni, uno spaccato umano che potrebbe essere stato strappato dalla letteratura greca di ispirazione euripidea, ma imbevuto di tutti i tormenti della quotidianità contemporanea.

Titolo originale: We Need to Talk About Kevin
Nazione: Gran Bretagna, USA
Anno: 2011
Genere: Drammatico
Durata: 112′
Regia: Lynne Ramsay

Social network: facebook
Cast: John C. Reilly, Tilda Swinton, Ezra Miller, Siobhan Fallon, Joseph Melendez, Ashley Gerasimovich, Suzette Gunn
Produzione: Independent, BBC Films, Atlantic Swiss Productions, Lipsync Productions
Distribuzione: Bolero Film
Data di uscita: Cannes 2011
17 Febbraio 2012 (cinema)