“Hey girl!”

La Societas di Hey girl!

Dopo una lunga tournée internazionale, l’ultimo lavoro della Societas Raffaello Sanzio è stato rappresentato in maggio al Teatro Comandini di Cesena, sede della compagnia

L’immagine che apre Hey girl! è di rara intensità e potenza: da un ammasso di materia non meglio definita emerge la forma indistinta di un corpo steso su un tavolo, avvolto in una specie di nebbia. Lentamente al suono della musica elettroacustica di Scott Gibbons, la materia inizia a liquefarsi sotto gli occhi degli spettatori, rivelandosi una sorta di crisalide da cui esce un corpo nudo di giovane ragazza.

Tutto lo spettacolo è costruito intorno a questo corpo esile che sta abbandonando l’adolescenza per entrare nella giovinezza: la ragazza (Silvia Costa) si muove incerta nella scena bianca, si guarda nello specchio, si riveste con dei jeans e una t-shirt, inizia a compiere delle azioni, dei gesti, interagendo con gli oggetti disseminati nello spazio secondo una logica precisa ancorché sfuggente. Come sempre negli spettacoli della Societas Raffaello Sanzio non c’è un testo né una vera e propria trama, piuttosto un dispiegarsi di immagini che lasciano aperte molte interpretazioni possibili.

I riferimenti che si intrecciano sono molteplici: alla storia medievale (“le regine che hanno dato la testa per il loro popolo”, Giovanna d’Arco), al teatro (brani dei dialoghi tra Romeo e Giulietta proiettati sullo sfondo), all’iconografia della pittura. E agli aspetti più impalpabili e dolorosi della vita di una giovanissima persona: la solitudine, l’amore (forse però solo sognato: è assente infatti l’indispensabile controparte), la violenza, il sentirsi diversi, la difficoltà di assumere un’identità precisa, l’impossibilità di decidere tra due possibilità. Fino all’apparire di un’altra figura, una ragazza nera (Sonia Beltran Napoles), perfetto opposto della bionda e diafana protagonista: un alter-ego inizialmente sottomesso, che deve essere liberato dalle catene e armato (bellissima l’immagine del corpo nudo trasformato in armatura splendente dalla vernice argentata), per trarne la forza necessaria ad affrontare la vita.

Ma ogni altra interpretazione è lecita: del resto all’inizio la protagonista afferma quasi con ira di odiare i simboli. Lo spettatore può allora scegliere di godere semplicemente della bellezza delle immagini che si creano sulla scena, senza cercare ulteriori significati.

Quello di Romeo Castellucci è un teatro che pur avvicinandosi all’arte visiva e alla performance, è sempre sostenuto da una drammaturgia complessa, anche se certamente non tradizionale. Rispetto ai precedenti lavori però, in particolare al pluriennale progetto della Tragedia Endogonidia che l’ha preceduto, questo Hey Girl appare meno strutturato. L’ambizione di base è sicuramente più piccola: non si tratta più di disegnare un grande affresco collettivo della tragedia umana ma piuttosto di tracciare un ritratto. O meglio di lanciare un richiamo, quello del titolo, a cui le due giovani attrici rispondono con grande efficacia, riempiendo con la loro la presenza la scena scarna, resa ancora più rarefatta dalle luci fredde di Giacomo Gorini e dalla tessitura sonora di Scott Gibbons.

Regia: Romeo Castellucci
Musiche: Scott Gibbons
Luci: Giacomo Gorini
con: Silvia Costa, Sonia Beltran Napoles
Sculture di scena: Plastikart, Istvan Zimmermann, Giovanna Amoroso
foto Steirischerherbst/Manninger