Intervista a Gianni Di Gregorio

NonSoloCinema.com incontra il regista di "Pranzo di Ferragosto"

Con Pranzo di Ferragosto Gianni di Gregorio porta sullo schermo una storia vera, che prende spunto dal rapporto maturo tra lui e sua madre. Una sorprendente commedia che fa una riflessione sulla terza età. Con un passato nel mondo del teatro come aiuto regista e attore al Laboratorio di ricerca sperimentale di Fersen (con seminari e scambi con i gruppi di Bob Wilson, Grotowski), nel 2000 inizia la collaborazione con Matteo Garrone per Estate romana e prosegue con i successivi L’imbalsamatore e Primo amore contribuendo alla sceneggiatura di Gomorra nel 2007.
_ Di Gregorio ha vinto alla 65. Mostra del Cinema il Premio per la Miglior Opera Prima e, con l’uscita nei cinema, il suo film è diventando un vero e proprio “caso”. In questo fine settimana il film ha fatto registrare la terza migliore media per sala.

Ecco l’intervista di NonSoloCinema.com:

NSC: Cosa ne pensa del successo che il suo film sta avendo in sala?

GdG: Non me l’aspettavo così. Ci ho sperato, quello certamente sì. Mentre mi stavo riprendendo da Venezia c’è stato un passa parola che ora sta aumentando e sento delle notizie bellissime.

NSC: Com’è stata l’esperienza alla Mostra di Venezia?

GdG: Bellissima! L’esperienza di Venezia è stata emozionante e poi il Leone, oltre al premio Pasinetti della critica, il premio Acra Giovani dato da ragazzi di 22 anni, quello mi ha fatto felice. E poi il premio Opera Prima che è un po’ comico a quest’età, però…

NSC: Con quali aspettative va a Londra al BFI?

GdG: A Londra spero vada bene, poi andrò anche a Tokio, al Festival di Tokio quest’ottobre.

NSC: L’originalità di Pranzo di Ferragosto non sta solo nel soggetto ma anche nel progetto di scrittura. Sapeva di dover lavorare con attrici non professioniste e piuttosto in là con gli anni. Come si è comportato?

GdG: C’era una sceneggiatura piuttosto solida. Dopo tutta la selezione degli attori, appena sono arrivate le signore ho capito perfettamente che la sceneggiatura andava messa da una parte perché, chiaramente, vedendo la potenza delle personalità – ed è su quello che noi abbiamo fatto le selezioni – queste signore erano veramente cariche di una forza vitale. Per cui noi organizzavamo delle sequenze, io cercavo di tenere il filo della storia con lo svolgimento dell’arco temporale, però poi loro improvvisavano, facevano delle cose molto più belle di quelle scritte nella sceneggiatura, quindi ho cercato di prendere loro forza vitale.

NSC: Quanto cinema neorealista c’è in questo film? Parlo ad esempio dello stile di regia, tra l’altro molto vicino a quello di Gomorra

GdG: Sicuramente sì, io mi considero quasi un allievo di Matteo, anche se sono molto più grande d’età. Allievo di un modo di considerare il cinema come uno sguardo sul mondo, sulle persone, quindi in qualche modo mi è sembrato corretto in quest’occasione, avendo queste signore non attrici, utilizzare questa forza naïf, questa forza vitale, senza vizi di forma, senza niente. Il senso di rendere, di rubare dei momenti autentici delle persone, realmente autentici e di entrare nella sequenza lasciando a loro il massimo della libertà, per avvicinarsi al vero.

NSC: Forse questo film rispetto a tanto altro cinema italiano si allontana dalle critiche che parlano di sceneggiature adattate sempre sugli stessi temi perché l’originalità del prodotto è indiscutibile, rimane però il fattore produttivo, è stato difficile trovare dei produttori?

GdG: E’ stata una difficoltà enorme perché nessuno me lo voleva produrre.

NSC: Quindi se non fosse intervenuto Garrone…

GdG: E’ stato lui, solo lui che ha osato, perché era un’operazione che con un budget molto piccolo, erano 500.000 €, un’operazione abbastanza azzardata, ci voleva coraggio. Lui ha avuto coraggio, ma molti altri produttori mi hanno detto: “No, che fai con le persone anziane?”.

NSC: Com’è stato il rapporto tra regista e produttore?

GdG: Ottimo, perché lui mi ha dato consigli anche preziosi, ha visto il materiale, insomma lui è stato importantissimo. Aveva molto da fare perché stava girando Gomorra e poi si stava occupando anche della post produzione, però mi ha dato dei consigli preziosissimi.

NSC: Ci sono diversi elementi forti nel film, uno di questi è la colonna sonora, quasi prepotente nel rubare la scena ai personaggi. Qual è stata la sua gestazione. C’era un’idea precisa di arrivare a quella forma?

GdG: E’ stato molto bello perché io conoscevo un musicista giovanissimo che ha proprio 22 anni. E lui lavora in coppia con un altro giovane. Si chiamano Stefano Ratchev e Mattia Carratello e a questo ragazzo, del quale avevo sentito delle cose che a me piacevano, ho dato il copione prima di girare. Quello che hanno prodotto è stata una cosa bellissima. perché Quando l’ho sentita non capivo perché il film ancora non l’avevo fatto. Poi quando ho visto che il girato e la musica combaciavano, allora ho detto: “Anch’io ho fatto il film che volevo fare, se questa era la musica”.


NSC: Da buon cinefilo si è ispirato a qualcuno in particolare?

GdG: No, è stato tutto estemporaneo. E’ stato un punto d’arrivo personale dove sono confluite le tante cose che ho fatto nel cinema.

Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio