Poco più di un mese fa ci lasciava Adrian Cronauer, l’iconico disck jockey protagonista di Good Morning Vietnam che distraeva i soldati americani impegnati sul fronte a colpi di James Brown e Beach Boys. Bisogna però vedere Arrivederci Saigon, l’ultimo documentario di Wilma Labate, per sapere che esiste una storia italiana molto simile (ma molto più tragicomica) a quella di Cronauer. La Labate infatti ci racconta il brevissimo tour asiatico delle Le Stars, complessino piombinese dal repertorio soul e funk che dopo aver girato i night club di mezza italia finisce con un mezzo raggiro a suonare per tre mesi nelle basi militari americane del Vietnam del sud, con tre quarti della formazione sotto i 18 anni.

Attraverso una serie di interviste a quattro delle sfortunate musiciste, alternate a filmati di repertorio della guerra del Vietnam, la Labate racconta una storia ignota ai più nel più ironico dei modi, soprattutto grazie alla simpatia delle Le Stars in persona, diventate quasi tutte insegnanti di musica o direttrici di cori dopo aver abbandonato la musica dal vivo. Gli aneddoti che Rossella Canaccini (voce), Viviana Tacchella (chitarra), Daniela Santerini (tastiere) e Franca Deni (basso) raccontano con una disinvoltura uniche vanno dall’esilarante al terrificante, dalle storielle d’amore con i soldati americani alla volta in cui sono andate sul tetto invece che nel bunker durante un attacco missilistico dei vietcong (per un errore di traduzione), passando per l’episodio che ha terminato la loro breve ma intensissima esperienza, ovvero la malattia che ha quasi ammazzato la bassista Franca (che giustamente e non a caso appare come la meno spiritosa e divertita delle quattro).

Il documentario non cerca di inserire particolari colpi di scena e copli di genio, ma può contare su un solido montaggio che abbina ai racconti al limite dell’assurdo delle quattro musiciste immagini di repertorio che anche se non ritraggono il momento appena raccontato lo descrivono perfettamente. Interessanti anche i momenti musicali sparsi qua e là, con gli acuti di Rossella e della sua voce ancora potentissima alle prove del suo coro di voci bianche, che vanno a fare da colonna sonora alle scene di guerra. Con un film che non pretende di restare negli annali ma vuole solo raccontare una storia pazzesca nel più chiaro dei modi, la Labate, regara un’ora e venti di risate amare abbinate a un’inevitabile riflessione sull’inutile versamento di sangue di quella pagina nera della storia americana.