Mette subito le mani avanti Valeria Bruni Tedeschi: all’inizio del suo nuovo film, dove interpreta una regista, Anna, in cerca di finanziamenti da parte di produttori, fa dire a uno di loro che la sceneggiatura, basata sul fratello morto, è debole.

Nel suo quarto lungometraggio, Valeria Bruni Tedeschi, che scrive con le sue “amiche”, la sua squadra, Agnès de Sacy e Noémie Lvovsky, sceglie ancora di percorrere un sentiero famigliare, ispirandosi alla sua vita.

Anna è una regista, con Luca (Riccardo Scamarcio), giovane attore, ha messo su famiglia, adottando una bimba Cèlia (interpretata da Oumy Bruni Garrel, figlia della regista e dal suo ex compagno). È tempo di vacanze. Dopo un colloquio con i produttori per ottenere finanziamenti per il prossimo film, Anna pensa di partire da Parigi con Luca per raggiungere la famiglia nella casa in Costa Azzurra. Ma l’uomo le rivela che non ha intenzione di fare le vacanze… con lei. Ha conosciuto un’altra. Anna parte, con un bagaglio di cose non dette, insicurezze e domande.

Nella grande villa che si affaccia sul mare, Anna affronta la sua famiglia, la sorella (Valeria Golino), il cognato (Pierre Arditi), la madre (Marisa Borini), la zia, collaboratori, servitù, la figlia e poi arriva una sceneggiatrice per aiutarla nella scrittura del film.

Un’autobiografia immaginaria è la definizione della regista per questo suo film. In tre atti, Les Estivans mette in scena uno spettacolo fatto di dinamiche famigliari, politica, lavoro, tradimenti, amore, litigi, sentimenti. “La mia intenzione è di raccontare come ogni persona scelga deliberatamente di ignorare il frastuono del mondo esterno, il tempo che passa, la morte in agguato”.

Bruni Tedeschi fabbrica una storia immaginaria prendendo spunto dal suo vissuto, dalle estati passate, in gioventù, trascorse nella villa al mare. Ma questa volta stanca. Stanca con licenze felliniane eccesive. Stanca il suo ruolo, sempre lo stesso, stancano i personaggi messi in scena, stanca la sua ricerca, la sua ostentazione del parlare di sé e della sua famiglia. Una sceneggiatura piena di troppe cose sfiorate più che debole. La discussione tra le due sorelle su cosa si possa dire e rivelare sulla propria famiglia è fin troppo studiato a tavolino: un ulteriore mettere le mani avanti per rispondere a possibili obiezioni da parte del pubblico o critica.

Manca quell’atmosfera un po’ surreale dei suoi film precedenti. Se finora era riuscita a farsi illuminare da una leggerezza nell’entrare e sondare l’intimo dei ricordi, qui tutto appare troppo forzato. Valeria Bruni Tedeschi ha un’idea ben precisa di cinema, possiede una personalità femminile ingombrante, ma qui non è riuscita a farle venire fuori.