1983, in una Budapest orwelliana, Frank è il leader di un gruppo punk che sfida coraggiosamente il sistema politico. I concerti si tengono in segreto dalle autorità.  Durante uno dei concerti, Frank viene arrestato e condotto in una struttura psichiatrica.

In base agli ordini del Partito, in quelle strutture vengono usati psicofarmaci per reprimere gli oppressori e sedare, così, l’opposizione, a scapito della vita dei detenuti. Ma è proprio in quelle condizioni inizia la vera lotta per Frank, che rinuncia a tutto in uno scontro, senza speranza per lui, per la libertà. La forza e il coraggio arrivano da Hanna (Kincsö Blénesi), una ragazza che non ha mai nemmeno sentito parlare di sogni, di libertà, tantomeno di musica punk.

Gábor Fabricius scrive e dirige il suo primo LM ambientandolo durante la cortina di ferro e rendendolo incredibile attuale con la storia e le posizioni dell’Ungheria oggi.
Lo scontro sul piano politico e su quello generazionale è rappresentato con lucidità e freddezza nei dialoghi e negli incontri tra Frank ed Erös (István Lénárt), leader culturale dello stato. 

Presentato nella Settimana della Critica, edizione 2021, Erasing Frank non è un film di facile distribuzione. Ma è un’interessante storia politica, è una storia di resistenza.

Notevole la fotografia in bianco e nero di Tamás Dobos.