I fratelli As’ad e Taha, di dodici e ventotto anni, orfani, tirano a campare raccogliendo rifiuti nei ‘Giardini pensili’ – soprannome che la gente del luogo dà alle discariche di Baghdad – e portando i sacchi di cumuli di oggetti raccolti a una banda di malavitosi del luogo.
Un giorno il giovane As’ad trova sepolta sotto cumuli di spazzatura una bambola gonfiabile, gettata via da soldati americani che hanno lasciato anche un vecchio carro armato in disuso. La porta a casa, la lava e la veste, contemplandola come qualcosa di bello, che va oltre lo scopo sessuale cui è destinata. Lui orfano di madre, solo in un mondo maschile, si prende cura di questa bambola chiamandola Salwa. Quando un amico più grande di As’ad la scopre, fiuta l’affare. Nel giro di poco le insegnano il linguaggio della seduzione in arabo (la bambola è dotata di registratore vocale) e “la mettono al lavoro”. Gli affari vanno a gonfie vele; i ragazzi attirano l’attenzione dei giovani del posto, compresa l’attezione malvagia degli scagnozzi del boss locale. Ma As’ad ha dubbi sul modo in cui stanno sfruttando la bambola; prima però che lui possa salvarla da altre umiliazioni, la bambola scompare. La situazione precipita. E i due amici, As’ad e Amir finiscono in guai seri.
Il regista iracheno Ahmed Yassin Al Daradji scrive con Margaret Glover una storia di formazione che parla di sopravvivenza in un Iraq dilanianto dalla guerra. La sessualità e il desiderio di ricchezza materiale sono i temi principali che il regista sfrutta per raccontare la società irachena, attraverso gli occhi di una generazione maschiele sola, senza una figura femminile di riferimento vitale.
Il cast è composto per la prevalenza da attori non professionisti che resistuiscono una grande prova di interpretazione, sentita e sincera.