Ridere per cinque minuti di seguito è probabilmente l’ultima cosa che vi aspettate di fare guardando un film sulla prigionia dei dissidenti politici sotto il regime di Bordaberry nell’Uruguay degli anni settanta. Eppure è una delle tante cose che potrebbero succedervi guardando un piccolo capolavoro come La noche de 12 años, omaggio dell’uruguagio Álvaro Brechner alla storia del suo paese e a tre superstiti della dittatura, vale a dire il poeta Mauricio Rosencof, il senatore Eleuterio Fernández Huidobro e l’ex presidente Pepe Mujica, che condividono la non invidiabile esperienza di 12 anni di totale prigionia in condizioni disumane fino alla fine della dittatura militare.
Il film alterna le tre storie ricorrendo alle centinaia di aneddoti raccontati dai tre protagonisti nelle loro lunghe vite di militanza politica (tutti è tre hanno vissuto ben oltre i settant’anni, con Rosencof e Mujica ancora vivi e vegeti) mescolando i particolari più struggenti con quelli più grotteschi, le torture disumane dei loro carcerieri ai trucchetti per renderle il meno atroci possibile. Decidendo di basarsi esclusivamente sugli aneddoti raccontati dai tre protagonisti, Brechner correva il rischio di trasformare il suo film in un bell’omaggio alla storia di tre eroi nazionali senza nessun valore aggiunto rispetto a un qualsiasi documentario di History Channel, o peggio ancora in uno sterile elenco di aneddoti agrodolci.
La genialità di Brechner sta nell’intrecciare nel più organico dei modi tutti gli aspetti diversi di questi dodici anni di orrore, celebrando così la forza dei tre protagonisti e di riflesso anche della democrazia uruguaiana. Come dicevamo all’inizio, un ruolo non indifferente in questo film ce l’ha anche una buona dose di ironia, con scene che sembrano uscite dalle migliori gag dei Monty Python (un momento su tutti quello in cui, per decidere cosa fare di un detenuto che non può sedersi per cagare se ammanettato a un tubo, vengono scomodati uno dopo l’altro tutti gli ufficiali della prigione fino ad affollare il piccolo bagno).

Il motivo per cui momenti del genere riescono a convivere con scene come quelle in cui Mujica sfiora la follia mentre è rinchiuso in un pozzo (pozzo in cui parla con formiche e scarafaggi per evitare di perdere la testa) è che Brechner racconta la resistenza a una prigionia così disumana come un’incredibile dimostrazione di umanità da parte dei protagonisti, umanità espressa in tutti i modi possibili, il che spiega la varietà di registri diversi presenti in questa pellicola.
Un altro aspetto che rende La noche de 12 años un film più che valido è il modo in cui utilizza il suono, alternando rumore e silenzio, una colonna sonora sognante e suggestiva (con due bellissimi brani della cantante spagnola Sílvia Pérez Cruz) alle lunghissime sequenze in cui i detenuti comunicano tra di loro col codice morse nel silenzio gelido della loro prigione fatiscente. Grazie a questi e ad altri accorgimenti che rendono La noche de 12 años una piacevole sorpresa nella sezione Orizzonti, non possiamo che sperare che l’altro film dedicato a José Mujica, la docuintervista di Emir Kusturica a El Pepe, sia altrettanto valido.