Undine (Ondina in italiano) come Melsuina, Lorelei, la Sirenetta, Budicca, Libussa…:  rappresentano l’estrema memoria, affievolita e diluita nei millenni, di un’età remota, una felice età dell’oro al limite tra protostoria e mito, quando si suppone che le società fossero matriarcali e non esistessero guerre. Il carattere di queste donne ha dovuto subire profondi adattamenti e pesanti compromessi per poter sopravvivere dopo la fine del loro mondo, eppure ci mandano ancora un messaggio forte, anche se difficile da interpretare, rivestito ormai com’è dalle grevi catene di un nefasto patriarcato.

Uno di questi miti è riproposto da Christian Petzold con questo film, dove la bella e semplice Ondina (una trasognata Paula Beer, Orso d’Argento 2020 per l’interpretazione) è letteralmente immersa nella Berlino di oggi, città di acque e nata su un immenso stagno: ella è impiegata presso il museo storico della capitale dove per non tradire le sue origini fluviali, è esperta proprio del rapporto tra le acque sotterranee e lo sviluppo della città.

Il suo rapporto con gli uomini, in particolare con Christoph (uno sbacalito Franz Rogowski) è problematico come quello della sua antenata omonima e ben presto costoro (e gli spettatori) si accorgeranno di quale misterioso e perverso intreccio circondi la figura della apparentemente ingenua ragazza.

Se molto evocativa è la musica, con il solo piano di Marcello e Bach che ricorda qualche cosa di Venezia, e piacevoli sono le riprese sottomarine, al contrario non giustificato è il carattere banalmente vendicativo di Undine, visto con una certa misoginia e  superficialità. C’è sì una storia d’amore e tradimenti, ma è una storia come tante, senza spessore né interesse.

Da un regista affermato ed esperto come Petzold, che con questa pellicola raggiunge il record di ben cinque presenze in carriera alla Berlinale, (si ricorda Transit nel 2018), ci si sarebbe attesi una lettura più profonda, più attenta alla storia e magari anche alla archeologia di questi miti e, pur senza assumere una veste documentaristica, il film avrebbe potuto calare la vicenda nel presente cogliendo le enormi potenzialità di modernità che ci arrivano da un passato tanto remoto.