“Ferro 3” di Kim Ki-duk

“Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia realtà o sogno"

Concorso
L’apertura del film presenta l’immagine di una statua da giardino classicheggiante riparata da una rete, dove con violenza vengono scagliate palline da golf, oscuro presagio della violenza domestica che si consumerà in quella casa. I protagonisti di questa storia sono un ragazzo, Tae-suk , un marito e una giovane donna, Sun-hwa, che non ha più bisogno di essere moglie.

Tae-suk chiuso in un mutismo totalizzante appende volantini sulle porte delle case e si mette in attesa, per poi entrare dove i volantini non vengono ritirati, in cerca di un frammento di vita altrui, irradiando con il suo calore solitario le case vuote, facendo il bucato, aggiustando piccoli elettrodomestici. La sua solitudine in una casa come le altre, ma solo apparentemente disabitata, incontrerà la solitudine di Sun-hwa, con il viso deturpato dalla violenza di possesso del marito e detentrice di quello stesso mutismo che poi si rivelerà come silenzio interiore e scelta di non considerare il linguaggio come forma di comunicazione. Al ritorno del marito, il giovane libera la donna portandola con sé, insieme al ferro 3, una mazza da golf con cui infierisce sul marito scagliando palline a distanza ravvicinata.

Tae-suk trova in Sun-hwa una compagna di vita con cui condividere l’esperienza nelle case vuote, dove insieme raccolgono immagini fotografiche del loro passaggio impercettibile, teso a riempire di attimi d’umanità disinteressata i luoghi degli altri. Due solitudini troppo silenziose si incontrano e scelgono di vivere in una simbiosi giocata sugli sguardi, sui gesti, sui sussurri dell’anima; mediante la quotidianità altrui vivono una loro quotidianità temporanea, ma irripetibile e profonda.
Nel loro viaggio attraverso le case vuote, che poteva sembrare potenzialmente interminabile, trovano un uomo morto; il giovane viene arrestato e la donna riconsegnata al marito, rappresentazione assoluta dell’egoismo e dell’imposizione emotiva.

Il carcere per Tae-suk diviene il luogo di sperimentazione della rimozione del corpo e dell’invisibilità, cerca di scomparire tra le pareti sfidando la pazienza del secondino che lo vigila. Sfruttando il fatto che la vista umana non può raggiungere un’ampiezza superiore ai 180°, cerca di diventare la sua stessa ombra. Uscito di prigione il suo corpo non sarà più un ostacolo, sarà trasformato in traccia, in eterea presenza e lo spettatore in una soggettiva continua diverrà osservatore invisibile insieme a Tae-suk.
La delicatezza e il pudore con cui il regista parla di sentimenti ricorda Dolls di Takeshi Kitano, anche se le atmosfere di Ferro 3 vengono rarefatte in modo ancor più estremo. Kim ki-duk sviluppa la sua poetica lavorando per sottrazione, creando un’opera essenziale, dove ogni elemento è al suo posto e non potrebbe essere altrimenti; parla d’Amore, il sentimento più difficile da trasporre in pellicola, riempiendo l’oblio acustico con la ricerca di equilibri perfetti tra i gesti degli attori e le simmetrie delle inquadrature. Il regista si innamora dei personaggi e li segue con discrezione fortemente partecipata; il risultato è quello di rendere lo spettatore osservatore indiscreto e allo stesso tempo messo nelle condizioni di vivere la fiaba di un amore troppo silenzioso, incorporeo e prezioso per essere raccontato a parole. L’essenza di questo sentimento non può essere consumata attraverso l’ansia di socialità. L’ unica chiave per comprendere è la percezione, il sentire attraverso i protagonisti che si muovono sulla scena, abbandonare per la durata del film il logocentrismo occidentale e osservare lo scorrere delle inquadrature; lasciarsi spaesare per trovare dimora in una delle case vuote abitate dai protagonisti.

Il film si chiude sull’inquadratura dei piedi di Tae-suk e Sun-hwa che abbracciati si pesano su una bilancia. Il peso dei loro corpi corrisponde a zero, il peso dell’amore distillato ed epurato da ogni imperfezione che può sporcarlo. L’ amore che propone Kim Ki-duk corrisponde alla leggerezza dell’esistere.

Regia e sceneggiatura: Kim Ki-duk
Titolo originale: “Binjip”
Origine: Corea del Sud
Anno: 2004
Durata: 95 minuti
Genere: Drammatico
Data di uscita: 3 dicembre 2004
Cast: Lee Seoung-yeon, Hee Jae, Kwon Hyuk-ho,
Ju Jin-mo, Choi Jeong-ho