Icare, piccolo sognatore di dieci anni, libera i suoi dolori con un aquilone su cui ha disegnato il suo papà – supereroe che se n’è andato con una “pollastra” (anche lei raffigurata sul retro). Icare è chiamato Zucchina dalla sua mamma, che sta nella stanza di sotto, arrabbiata e disperata, ubriaca di birra davanti a quelle soap che raccontano storie mai vere. Poi un incidente e Zucchina si ritrova in un orfanotrofio con quel che rimane del suo passato: l’aquilone e una lattina di birra vuota. Un luogo che raccoglie piccoli come lui pieni di dolore, alcuni molto arrabbiati altri più rassegnati, tutti che hanno perso qualcosa o che non hanno mai avuto niente. Ma, occorre dirlo subito, alla fine Zucchina e i suoi compagni troveranno un nuovo modo di fare famiglia.

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Celine Sciamma (Tomboy) ne scrive la sceneggiatura, adattata dal romanzo di Gilles Paris; Claude Berras gli da forma, sfondo e movimento con un’animazione in stop motion. Entrambi lavorano dosando alla perfezione l’esplicito e la sua sospensione: nulla è trasformato, mediato o metaforizzato, la realtà è restituita in tutta la sua evidenza, con la giusta misura e l’immaginazione che conforta C’è un luogo in cui le auto volano e c’è un orfanotrofio alla periferia di una città, con i piccoli ospiti, la direttrice e gli educatori. Non una prigione da cui scappare per salvarsi, come nei 400 colpi, ma un luogo di riconciliazione e di ricostruzione attraverso l’amicizia, la solidarietà e l’amore. Lo sguardo è ad altezza bambino, l’altezza di Icare (25 cm di pupazzo), a rivelare non tanto quel che conoscono gli adulti dei bambini, ma quello che i piccoli conoscono, osservando il mondo che li circonda. Cadono così i tabù perché di tutto si può parlare, anche di sesso, con le parole giuste e un po’ di umorismo; e le parole giuste le trovano loro. Zucchina, Camille, Simon e gli altri, desiderano cose normali che danno felicità: una casa, una famiglia, degli amici, un amore o riabbracciare la mamma che è stata espulsa perché clandestina.

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Due anni di lavoro, la costruzione di 60 set e di 54 pupazzi con tre tipi diversi di costume; otto mesi di riprese, con una media di 3 secondi realizzati al giorno da ciascun animatore che ha impresso fotogramma per fotogramma il movimento a Icare e a tutti i personaggi, confezionati a mano e utilizzando materiali diversi. La colonna sonora per voce, chitarra, contrabasso e vibrafono della cantante e musicista svizzera Sophie Hunger contribuisce alla piena immersione nell’universo infantile e alla fine, sui titoli di coda, ci incanta con la cover de Le vent nous portera dei Noir Desir.

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Un piccolo gioiello di animazione, per piccoli spettatori (dagli otto anni in su) e per i grandi, tutti. Premiato ad Annecy come Miglior Lungometraggio d’Animazione dell’Anno, è in corsa come Miglior Film di Animazione agli Oscar 2017.

 

Titolo originale: Ma vie de courgette
Nazione: Svizzera, Francia
Anno: 2016
Genere: Animazione
Durata: 66′
Regia: Claude Barras
Cast (voci originali): Gaspard Schlatter, Sixtine Murat, Paulin Jaccoud, Michel Vuillermoz, Raul Ribera, Estelle Hennard, Elliot Sanchez, Lou Wick, Brigitte Rosset, Monica Budde, Adrien Barazzone, Véronique Montel
Produzione: Rita Productions, Blue Spirit Animation, Gébéka Films
Distribuzione: Teodora Film
Data di uscita: Cannes 2016 – Quinzaine des Réalisateurs
01 Dicembre 2016 (cinema)