Da un rosso divano parigino al lago Bajkal, con gli occhi ad un paesaggio fatto di betulle e isbe, e ad un passato che si presenta puntuale e si mescola ad un presente fino a confonderne le immagini.
Alla ricerca di un uomo che ha amato e che è partito per la Siberia seguendo un’utopia e un ideale, Anne lascia il suo appartamento di Parigi e una vita ormai comoda e dai contorni netti per affrontare un lungo viaggio sulla Transiberiana attraverso una Russia che porta ancora le tracce dell’esperienza post-stalinista. Il canapè rosso che dà il titolo al romanzo di Michéle Lesbre, piccolo capolavoro letterario, è quello di Clémence, un’anziana modista che abita nello stesso palazzo di Anne e con cui la donna ha stretto un’intensa amicizia fatta di ore trascorse tra letture, letteratura e ricordi.
L’appuntamento settimanale con l’amica diventa ben presto uno spazio sospeso nel tempo, che consente ad Anne e Clémence di ripercorrere le vite di donne del passato, donne indipendenti che hanno attraversato la storia con incredibile coraggio. Ma anche di lasciar riemergere le loro vite, e il loro passato, segnato – per entrambe – dall’amore di un uomo in un periodo della vita, la gioventù, in cui il confine tra il possibile e l’impossibile sembra svanire, in cui l’ideale e l’utopia sembrano poter essere realizzabili e a portata di mano. Scorrono così, in parallelo, due esistenze. Dal canapè rosso dell’appartamento parigino viaggiamo tra i ricordi di Clémence che ci riportano alla Parigi della Resistenza, e ad un amore giovanile ucciso dai nazisti. E dal lungo Senna della Seconda guerra mondiale, ci spostiamo a quello del presente, che fa da sfondo alla partenza di Anne per il Lago Bajkal. Dai finestrini della Transiberiana, Anne osserva boschi, steppe e terre abbandonate, accompagnata dell’odore di tè e minestre di cavoli e dalla presenza silenziosa e costante dei viaggiatori russi. Parallelamente e con sguardo altrettanto profondo, la donna ripercorre il proprio passato, gli anni delle lotte politiche e delle militanza accanto a Gyl, l’uomo che ha abbandonato la Francia spinto dal sogno di poter dare concretezza ad un’utopia, l’uomo di cui lei non ha più notizie da anni e di cui ora è alla ricerca. Trovando di lui, inevitabilmente, tracce che raccontano di un’altra vita, con un’altra donna, nel paese mitizzato.
Diversamente da Clemence però, rimasta per tutta la vita legata al ricordo del compagno, ancorata ad un passato trasformato in presente immobile, Anne riesce finalmente a trovare una risposta, a osservare ciò che è stato con maggiore consapevolezza, a guardare lontano verso una nuova partenza.
Il romanzo di Michèle Lesbre non è soltanto un racconto intenso e malinconico, scritto con morbidezza e densa semplicità. E’, soprattutto, un viaggio interiore che la scrittrice – con la sua prosa – riesce a far fare al lettore. E il viaggio, come sostiene l’autrice francese, citando una massima tibetana, è “un ritorno all’essenziale”. L’unico modo per poter essere contemporaneamente lontani e così vicini a se stessi da potersi osservare senza filtri, né giustificazioni o scuse. L’unico modo per poter prendere finalmente distanza dalla propria vita.
Michèle Lesbre, Il Canapé rosso, Sellerio Editore Palermo, 2009, pp. 133, € 11,00.