L’ arte non ha mai dato certezze e lo si e visto con “Elogio del dubbio”, la mostra in corso alla Punta della Dogana, ove il dogma è stato sviluppato e reso esplicito con opere spesso scioccanti ma emblematiche dell’assunto.
Ora, in base al principio adottato da Pinault della programmazione permanente fra la Punta e Palazzo Grassi, si è aperta, la rassegna Il mondo vi appartiene curata anch’essa da Caroline Bourgeois. Il raggio di indagine si allarga aprendosi a numerosi artisti per lo più molto giovani , molti dei quali esposti per la prima volta nello storico edificio di San Samuele, mentre la partecipazione dei nomi noti e famosi della collezione Pinault è piuttosto contenuta per lasciare spazio agli esordienti. Spazio anche emblematicamente segnato dall’opera avvolgente e mastodontica di Joanna Vasconcelos, che a partire dall’atrio del palazzo, pare avvolgere simbolicamente il letto con Lorca di Cattelan, il pupazzo rosso di Koons, la famiglia inquietante di Charles Ray e degli altri artisti di fama consacrata. Molti degli esordienti sono emigrati dal continente di origine verso altri lidi e loro stessi e la loro opera diventano frutto di questo cosmopolitismo, si prestano in modo eccellente a interpretare il tema della rassegna cioè lo spostamento, la condivisione i ritmi vertiginosi che ne conseguono, in una meritevole opera di agganciamenti con le tematiche sociali interessanti ormai, tutto il mondo occidentale dei paesi industrializzati. Il progetto è ambizioso e tenta di dare rilievo alla multidisciplinaretà ,indagando sulle implicazioni storiche, geografiche, culturali interconnesse a questi scambi.
Nelle stesse giornate di inizio giugno si è aperta la kermesse della 54° Biennale d’arte di Venezia curata dalla svizzera Bice Curiger. Per descriverla occorrono i grandi numeri: 83 sono infatti gli artisti presenti, con molte opere create appositamente per l’occasione, 89 le partecipazioni nazionale sparse fra Arsenale, Giardini e altri luoghi della città, 37 gli eventi collaterali organizzati dalla Biennale, 200 gli artisti invitati al Padiglione Italia, più 240 nuovi talenti delle Accademie di Belle Arti. A tenere banco sulla stampa, è stato proprio fino ad ora quest’ultimo per le approssimazioni con cui il responsabile Vittorio Sgarbi l’ha organizzato e per le numerose, continue defezioni di molti artisti , specie i più noti che, timorosi di vedere svillanneggiati i propri lavori, li hanno ritirati. Una fra le tante maldestre figure internazionali che l’Italia, purtroppo va accumulando in questi tempi.
Spostando sguardo e interesse alle tante sollecitazioni di questa Biennale, si resta stupiti piacevolmente nel vedersi accolti da tre luminosi Tintoretto, fra cui il Trafugamento del corpo di San Marco posti accanto alle opere contemporanee, per offrire un’interpretazione autentica del bel titolo della mostra IllumiNazioni. E’ infatti la sua luce ad illuminare Venezia, ed ora questa luce dovrebbe nelle intenzioni della curatrice concentrarsi sull’arte grazie all’esperienza illuminante derivante dalla comunicazione reciproca.
Funzione di una Biennale è quella di aggiornare sui progressi dell’arte contemporanea dimostrando la capacità di cogliere quanto di nuovo e significativo è stato prodotto negli ultimi due anni. Scartata da tempo l’idea dell’arte come fruizione estetica, abbandonati i canoni classici della proporzione, della simmetria, della piacevolezza, da tempo si è concordi nell’attribuire all’arte il compito di testimoniare il suo tempo, di provocare, di stupire e perfino di indignare , purchè sia capace di riflettere il mondo attraverso un linguaggio che sia nuovo, fuori dagli schemi, e nonostante arrivi spesso ala stessa negazione del corpo come nella opere di Marina Abramovich o metta al centro handicap come fece De Dominicis, riesca a fare emergere in questi deliri estremi una insospettata bellezza. Ecco quindi in questa edizione l’opera d’arte in fieri come l’immagine fotomontaggio dei tedeschi Thomas Huber e Wolfang Aichner che ispiratisi al film Fizcarraldo vogliono trasportare a mano una barca di gomma rossa dalle Alpi alla Biennale iniziando il suo cammino qualche giorno prima dell’inizio della rassegna. Poi migliaia di foto di neonati del francese Christian Boltanski come metafora del futuro che li aspetta, momenti di vita vissuta dell’inglese Mike Nelson tesi a rappresentare la banale routine di nuclei familiari rassegnati e senza speranza, mentre la Cina cerca con un misto di sensazioni sensoriali prodotti da un’installazione di cinque artisti fare dimenticare il grande assente il dissidente Weiwei, sparito da un mese dopo che il suo studio era stato devastato d’autorità. Sono sparsi poi in varie sedi veneziane, numerose installazioni , video, sculture mentre il Museo Correr ospita il neo espressionista e regista americano Julian Schnabel.Da ricordare il moscovita Dmitri Prigov l’artista concettualista russo dall’arte polifonica, visiva e sensoriale, fatta da immagini e suoni, profeta di rapporti più umani.
Non si può onestamente dire quanto messaggio illuminante riescano a trasmettere molte delle opere, raramente incentrate su questa prospettiva della luce a meno che non la si intenda come riflessione sullo stato delle cose , mettendo al centro tematiche come l’ambiente (si vedano The state of things della Norvegia) i diritti umani, la migrazione l’asilo politico. In altri casi si è di fronte ad una dissacrazione che suona come un oltraggio (La rivisitazione della Pietà di Michelangelo ad opera di Fabro che altera il bellissimo viso della Vergine della Pietà michelangiolesca trasformandolo in teschio). Più che ricerca della luce nel senso estetizzante di un Rimbaud, o degli antichi saggi persiani, siamo quindi di fronte a un incontro delle voci del mondo in un tentativo di comprensione reciproca.
Promossa dalla Provincia di Trento e dalla Comunità di Primiero, patrocinats dal MART, nell’ambito della Biennale d’arte, a fine maggio è stata inaugurata – presente il Presidente Lorenzo Dellai – alla fondazione Querini Stampalia di Venezia la mostra Riccardo Schweizer Pittore-Designer – nato a Mezzano di Primiero – in cartellone fino al 27 novembre 2011. Viene finalmente portata all’attenzione internazionale questa ricca personalità di artista, capace di innestare sulle sue radici trentine permeate del rigore e dell’ascetismo di un Simone Baschenis, la joie de vivre assorbita dal sole e dal paesaggio della Provenza ove era giunto, pellegrino dell’arte, per incontrare Picasso, il suo idolo. Come succede per i talenti autentici, dal contatto con lo spagnolo e la cerchia dei suoi amici, Léger Chagall, Matisse, il trentino trae si nuova linfa ispiratrice ma non ne diventa una imitazione sbiadita; si sente libero di allentare i vincoli che lo legavano alla tradizione, sviluppando, in piena libertà espressiva, audacie figurative, sculture in terracotta e in cemento colorato, pannelli decorativi spaziando dal vetro alla ceramica al plexigas. In tutte le sue opere domina quella tensione di sperimentare tutti i tasti della plasticità che realizza magistralmente nella facciata del Palais des Festivals et des Congrès di Cannes. Potenza tattile picassiana mescolata da Schweizer a quella materica delle sue montagne di Mezzano di Primiero.
Di tutt’altro genere l’esposizione personale chiamata Concilio di Stefano Cagol, contemporaneo cittadino di Trento, evento collaterale della Biennale ospitato nella chiesa di San Gallo, nell’omonimo campo veneziano. In linea con la ricerca sul contemporaneo sua cifra distintiva, il Mart allarga al proscenio internazionale i riflettori su questo giovane artista capace di condensare nei lavori qui presentati le suggestioni della luce, e le tematiche del rapporto con l’altro i due punti di riferimento portanti sia della 54° Biennale che de Il mondo vi appartiene di Palazzo Grassi. I contrasti, le contrapposizioni affascinano Cagol gratificato dalla location veneziana della sua opera inserita in un contesto templare del 400, una struttura piramidale che si erge enigmatica, interpretabile come una antica sfinge a più facce. Installazione e video sono accomunati sotto l’esplicito titolo di Concilio, retaggio di un evento fondamentale consumatosi 5oo anni fa nel Duomo di Trento e invito, nella sua grafia in minuscolo, a conciliazione degli opposti: sono proprio le contrapposizioni spesso assurte ad ossimori, a sollecitare l’ispirazione di Cagol spintosi fino alle estremità boreali, in Norvegia, per lasciarsi fascinare dal netto contrasto fra ombra e l’improvvisa, ma intensa paradisiaca luce del sole di mezzanotte. Chi siamo chi è il diverso dove stiamo andando e l’arte cosa sta diventando. Queste le domande a cui le opere di Cagol cercano di dare risposte.
Risponde allora, questa ricca e multiforme rassegna veneziana agli assunti che ne costituivano il comune denominatore? Ciascuno si darà la risposta che crede. Quello che emerge con certezza è che oltre lo stupore, l’imbarazzo, o l’ammirazione che tante opere generano, la 54° Biennale riesce a dare una risposta rassicurante: nonostante gli sfregi e le adulterazioni di un mercato spesso cinico, l’arte sopravvivrà animata da nuovi rampolli insensibili alle lusinghe e di record e prezzi milionari, spinti solo dall’amore per l’arte.