La 37. edizione del Bergamo Film Meeting è stata vinta da El motoarrebatador di Agustin Toscano, una coproduzione tra Argentina, Uruguay e Francia. Al film, che è stato votato dal pubblico, viene attribuito un riconoscimento economico di 5.000 euro che “vuole essere un aiuto concreto alle produzioni che investono nei giovani autori, nel cinema indipendente e di qualità”.
La giuria internazionale, presieduta dal regista italiano Paolo Franchi e composta da Prune Engler (Condirettore Festival International du Film de La Rochelle – Francia) e da Bernd Brehmer (Condirettore Festival Underdox di Monaco – Germania), ha assegnato il Premio per la migliore regia del valore 2.000 euro a “Un om la locul lui” (A Decent Man) di Hadrian Marcu. Sempre il pubblico ha assegnato il Premio Miglior Documentario CGIL Bergamo per la sezione Visti da vicino, al documentario “Mamacita” di José Pablo Estrada Torrescano (2.000 euro), mentre il Premio della Giuria CGIL attribuito al documentario che meglio affronta i temi legati al mondo del lavoro (1.000 euro), spetta a “Mudar la piel” (The Spy Within) di Ana Schulz e Cristóbal Fernández. Una menzione speciale va a “Insulaire” (Islander) di Stéphane Goël.
Quindi il vincitore a Bergamo è “El motoarrebatador (Il borseggiatore), un’opera ambientata a Tucumán nella remota periferia dell’Argentina. Il protagonista Miguel vive alla giornata scippando a bordo della sua moto in compagnia di un complice. Nel rubare la borsa a Elena, un’anziana signora, involontariamente la ferisce gravemente. Tormentato dal senso di colpa, decide di prendersi cura di lei nascondendole la sua vera identità. D’altronde la donna ha perso la memoria e così Miguel decide di vivere a casa di Elena per il tempo che la donna è in ospedale facendo finta di essere un suo inquilino. Sullo sfondo, un clima di aperta tensione sociale: i tempi sono difficili, il saccheggio è nella quotidianità e la polizia locale è in sciopero.
Si tratta di un film che mescola gradevolmente e con grande equilibrio elementi noir con altri di commedia, riuscendo ad essere credibile e allo stesso tempo piacevole ed efficace anche grazie ad una buona sceneggiatura e ad interpretazioni adeguate e all’altezza della situazione.
Un film di grande umanità che annulla ogni pregiudizio e apre alla possibilità di riscatto, con il protagonista che porta in visita alla signora Elena anche il proprio figlio Leon in un rapporto che vuole essere di superamento di un’esistenza impostata sulla criminalità e sulle menzogne verso un nuovo futuro, come se il passato possa essere superato o cancellato come la memoria di Elena.
Il secondo premio di Bergamo Film Meeting è andato a “Confini, gocce di pioggia” di Nikola Mijovic (Montenegro) e Vlastimir Sudar (Bosnia-Erzegovina), dove la protagonista è Jagoda, una ragazza di città che va a trovare la famiglia che vive in uno sperduto villaggio dei Balcani, poco sopra il Mare Adriatico, Si tratta di un’area in cui la guerra ha distrutto le comunità locali e ridisegnato i confini tra Bosnia-Erzegovina, Croazia e Montenegro. La sua presenza porta un pizzico di amore e di speranza per il futuro. Un film solare e leggero che parla di conflitti, identità e radici e lo fa in un modo piuttosto originale e particolare mettendo insieme contaminazioni filosofiche e musicali, con audacia e vitalità. E in più c’è la visitazione di uno spazio geografico ancora oggi conteso e frammentato.
Il terzo premio è andato, invece, al film britannico “Obey/Obbedisci” di Jamie Jones dove il protagonista Leon torna a vivere con la madre alcolizzata nel sobborgo londinese di Hackney. Quando incontra Twiggy, una ragazza bella e ribelle di famiglia benestante, qualcosa scatta in lui. Intanto cresce la tensione in seguito all’uccisione di un ragazzo di colore per mano della polizia. Un film d’esordio molto intenso, sviluppato in maniera molto personale. Un’opera che riflette sul concetto di obbedienza e di disobbedienza attraverso l’angolazione della disuguaglianza sociale e della lotta di classe.
Il premio per la miglior regia è stato assegnato a “Un om la locul lui” (Un uomo onesto) di Hadrian Marcu, Romania. Qui il protagonista è Petru, un ingegnere esperto in trivellazioni petrolifere prossimo alle nozze con Laura, la fidanzata da cui aspetta un figlio. La sua vita relativamente tranquilla viene sconvolta quando Sonia, una collega con cui ha avuto una relazione, rimane vittima di un grave incidente stradale. Una riflessione sulla possibile contraddittorietà del concetto di onestà attraverso il ritratto di un uomo comune nella Romania contemporanea.
Il Premio è stato assegnato con la seguente motivazione: “Premettendo che si è molto apprezzato il lavoro di selezione dei film in concorso, la giuria, dopo piacevoli riflessioni, ha deciso di premiare per la maturità, la precisione di stile e la sensibilità di racconto: Un om la locul lui (A Decent Man) di Hadrian Marcu. Film capace di evocare con mano sicura e stile personale i turbamenti e le sottili impotenze sentimentali dell’uomo contemporaneo”.
Nella sezione “Visti da vicino” il premio per il miglior documentario è stato assegnato al film messicano “Mamacita” di José Pablo Estrada Torrescano. La protagonista del lavoro è Mamacita, una stravagante regina di bellezza messicana che vive nel suo regno assieme ai suoi servi fedeli. Il regista, suo nipote, conquista il suo impero come un cavallo di Troia, scoprendo gli spiriti tormentati del suo passato e la mancanza di amore di cui il suo intero clan ha sofferto per generazioni.
Il premio della giuria CGIL è andato a “Mudar la piel” (Cambiare pelle) diretto dalla coppia spagnola formata da Ana Schulz e Cristóbal Fernández. I protagonisti sono Juan, un mediatore che si è battuto per la pace fra l’ETA e il governo spagnolo e Roberto, un agente dei Servizi segreti che si è infiltrato nella sua vita per anni.
La giuria ha motivato così la sua scelta: “I film del reale forniscono l’occasione per riconoscersi. “Mudar la piel” di Ana Schulz e Cristobal Fernandez è un percorso difficile e a tratti doloroso che va dalla propria verità verso la verità dell’altro, in un susseguirsi di trattative pacate ma anche accese, di riflessioni sulla propria etica e sulla necessità di arrivare a un punto di sintesi e di incontro. Noi giuria della CGIL, in rappresentanza di tutti i nostri compagni di lavoro e di tutti i delegati, ci siamo riconosciuti in questo film emozionante e onesto fino all’estremo gesto di svelare la propria doppia natura di racconto del reale, ma nello stesso momento l’intrinseca finzione che lo compone, rendendola esplicita e quindi nuovamente vera”.