Paolo Puppa torna in libreria con Dorsoduro e dintorni(Sommacampagna, Cierre edizioni 2025, p. 202 € 14,00), confrontandosi con il tema della “venezianità”. Lo fa in modo originale, partendo dal suo bagaglio di “veneziano doc”, che sceglie il microcosmo che meglio conosce, il sestiere in cui risiede e lavora da diversi decenni, per dare voce a chi lo abita, lo vive e vi svolge la sua attività.
Una vita da studioso, nonché autore e interprete dello spettacolo dal vivo, lo porta ad affrontare un tema abusato come Venezia, su cui sempre più spesso si sprecano considerazioni fuori luogo se non vere e proprie illazioni, non di rado senza intenti costruttivi, quando non avvelenate da malafede e difesa di interessi costituiti, con un approccio veramente scientifico.
Una città è di chi la abita e vive, assunto elementare, quasi ovvio ma sempre più spesso disatteso, quando si parla di Venezia, perché significa andar oltre la difesa fisica della città e misurarsi con la attuale ed effettiva consistenza del suo tessuto economico e sociale, su come sia mutato negli ultimi decenni, su quanto corra il rischio di dissolversi.
Sullo sfondo, qua e là accennato, il demone della rendita immobiliare che sta mettendo in ginocchio, non solo Venezia, ma le più importanti città italiane, d’arte e non, rendendo economicamente quasi insostenibile a fasce sempre più consistenti della popolazione il continuare a vivervi.
Puppa, che definisce questa sua opera “… un po’ trattatello storico sulla venezianità…”, raccoglie in ventidue incontri, ora racconto, ora intervista, con persone che conosce, con cui ha spesso una consolidata familiarità, non di rado contestualizzate nella realtà in cui operano.
Mario Isnenghi nella introduzione definisce Dorsoduro e dintorni una <<guida, attuale e fresca di giornata>> e vivacità e varietà dei ritratti tracciati lo confermano. Si spazia dalla salute alle libere professioni, dalla ristorazione ai bar, dal fruttivendolo ai barbieri, dal sindacato al mondo dello spettacolo dal vivo, dal Comitato Cittadini Campo Rialto Nuovo e Adiacenze agli squeri, i cantieri in cui si costruiscono le gondole, sino all’ultimo incontro quello con il fumo.
I racconti sono spesso costellati da ampi riferimenti al teatro e allo spettacolo dal vivo, il pregresso del Puppa professore, al “vissuto” di chi incontra e al suo “vissuto”: la ricchezza di questa galleria di esseri umani sta proprio nel fatto che i tanti problemi evocati si percepiscono nella loro concretezza, quasi diventano chi ne parla.
Con la frase “de me fabula narratur” Puppa chiude la premessa, riconoscendo non un limite del suo lavoro ma un ulteriore pregio, perché di Venezia e della venezianità Paolo Puppa parla veramente con cognizione di causa. Il contesto dei residenti da cui parte è l’unico su cui puntare per avviare l’improcrastinabile inversione di rotta che sola può dare un futuro alla città di Venezia.