“Il compleanno di Enrico” di Francesco Sossai, selezionato tra i corti presentati alla Quinzaine des Cinéastes del Festival di Cannes 2023, è stato proiettato in occasione dell’Edera Film Festival 2024 di Treviso.
Proseguendo la sua promettente carriera con quest’ opera immersa in un’atmosfera sinistra e perturbante, in continuità con lo sconvolgente lungometraggio “Altri cannibali“, il regista soddisfa la sua viscerale esigenza di restituire scorci di una campagna veneta che egli sempre percepisce al contempo come familiare e spaventosa. In questo caso lo spunto creativo deriva in toto da una vicenda autobiografica risalente all’infanzia di Sossai (Millennium bug alle porte) e impressasi nella sua memoria in modo indelebile, ossessionandolo per il suo carattere di insondabilità, tanto da spingerlo alla sfidante impresa di restituire così com’erano le sue impressioni d’infanzia. “Non me ne sono mai andato da quel pomeriggio” dichiara il regista. “Venite con me”, sembra dirci. “Osservate la forma dei miei ricordi”.
Da subito la pellicola, per mezzo delle tinte vintage di un super 16mm che catapulta nel passato, dota lo spettatore degli occhi del piccolo Francesco (suo alter ego): sullo schermo prende infatti forma la striscia verde creata dagli alberi che egli guarda sfilare velocissimi dal finestrino dell’auto mentre si dirige, accompagnato dal padre, al compleanno di Enrico. Linterno della vecchia casa di campagna dove vive il bambino è grottescamente trasfigurato da una lenta panoramica circolare che si arresta quando incontra la nonna dell’amico, un vegetale dallo sguardo vitreo che mugola immobile nella sua poltrona, e che attrae morbosamente il protagonista. A calare profondamente il pubblico nella prospettiva allucinatoria di uno sguardo infantile che tutto deforma e amplifica, oltre all’alternanza tra oggettive e soggettive, contribuisce una continua sollecitazione uditiva ottenuta dando risalto ai suoni più sinistri.
Conta quasi solo l’atmosfera, ma alcune cose accadono, tutte beninteso inquietantemente difficili da decifrare. Ad un tratto l’attenzione del protagonista è catturata dal rientro a casa del padre di Enrico, il quale gli porta in dono proprio la macchinina telecomandata che Francesco mai avrà perché troppo costosa; ma c’è qualcosa di strano in quell’uomo, il cappello a visiera ne adombra gli occhi e il figlio lo ringrazia freddo, quasi gli facesse paura. Vagando per la casa il protagonista si imbatte nuovamente nella vecchia paralizzata e, rispondendo a un impulso inspiegabile, le tocca a lungo le guance, in un gesto indefinibile e dallo scopo incomprensibile, per di più mostratoci solo di riflesso. Di lì a poco succede l’impossibile: la sedia della donna anziana è vuota. Ma come può essersi alzata? Cosa è successo veramente? E stata colpa di Francesco? La tensione tra gli adulti diventa palpabile, i bambini vengono rispediti a casa in fretta e furia e, mentre aspetta il padre, il protagonista esprime tutto il suo odio al “fortunato” amico che gioca da solo ignorandolo sprezzante. Uscito dalla casa egli strizza gli occhi: gli è parso di vedere l’anziana donna guardarlo spaventata prima di fuggire sparendo nella nebbia. A che cosa credere dunque? Francesco sembra invidiare la vita dell’amico Enrico, non cogliendo forse il possibile significato di ciò che ha appena vissuto. O forse lo spettatore si è lasciato traviare dalla lente deformante del suo sguardo, cercando macabri significati nell’ordinario?
Sossai manipola con maestria gli stilemi del vecchio giallo all’italiana scandagliando la dimensione del ricordo per mezzo della sua originale idea di cinema, così anacronistica da scavalcare il presente.