Il Male non Esiste è un film brutale nella sua umanità.
È un film che ha un impatto potente sullo spettatore che per due ore e mezza respira a fatica mentre viene emotivamente coinvolto in 4 storie, ambientate nell’Iran contemporaneo.
Il filo conduttore è la pena di morte eseguita da civili o soldati in un regime di dittatura.
Il Male non Esiste racconta l’esistenza, nella sua tensione complessa, e le conseguenze delle azioni di chi “ha scelto di sottostare alle regole imposte che quella di chi, invece, ha deciso di dire no a delle leggi ingiuste”.

Ogni società che impone la pena di morte ha bisogno di persone che uccidano altre persone Mohammad Rasoulof si interroga sui limiti e le possibilità cui è sottoposta la libertà individuale sotto un regime dispotico, e sui dilemmi che ne derivano.

Non è un thriller, eppure sortisce lo stesso effetto dei film ad alta tensione, perché la calma implacabile, a combustione lenta, del racconto ha un ritmo avvincente capace di far perno sulle riflessioni, domande personali, dello spettatore che si chiede inevitabilmente “cosa farei al suo posto?”

Due ore e mezza sono tante, ma indispensabili. La posta in gioco emotiva è altissima. È un film che va visto, consigliato, mostrato agli studenti a partire dal liceo.

“Un film insieme poetico e devastante che pone ognuno di noi di fronte alla responsabilità delle proprie scelte” sono le parole di Jeremy Irons – Presidente di Giuria Berlinale 70che ha premiato Il Male non Esiste.

L’idea di questo film nasce da un incontro inaspettato, dopo anni il regista ha visto da lontano uno dei poliziotti che lo aveva interrogato anni prima: “All’ improvviso ho provato una sensazione indescrivibile e, senza che lui se accorgesse, ho iniziato a seguirlo… Dopo dieci anni, era un po’ invecchiato. Avrei voluto fargli una foto con il cellulare, avrei voluto correre verso di lui, dirgli chi fossi e urlargli contro tutte le mie domande. Ma quando l’ ho guardato da vicino con i miei occhi, osservando i suoi modi di fare non sono riuscito a vedere un mostro malvagio. In che modo i governanti autocratici riescono a trasformare le persone in semplici ingra- naggi delle loro macchine autocratiche? Negli stati autoritari, l’ unico scopo della legge è la conservazione dello Stato e non l’ agevolazione e regolamentazione delle relazioni tra le persone. Io provengo da un tale Stato. E così, spinto da tali esperienze personali, ho voluto raccontare storie che si chiedessero: come cittadini responsabili abbiamo scelta nell’ applicare gli ordini disumani dei despoti? Come esseri umani fino a che punto dobbiamo essere ritenuti responsabili del nostro adempimento a quegli ordini ? Di fronte a questa macchina dell’ autocrazia, quando si tratta di emozioni umane, come ci si relaziona con l’amore e con la responsabilità morale?”

Ogni anno in Iran centinaia di persone vengono condannate e impiccate, per omicidio, spaccio, per opposizione al regime.
Il 50enne regista dissidente Mohammad Rasoulof – già condannato nel 2010 dalla corte rivoluzionaria iraniana, da sempre censurato dal suo Paese (nessuno dei suoi film è stato distribuito in Iran) – ha realizzato il film di nascosto, cioè senza l’approvazione delle autorità iraniane; anzi: sottoposto a processo, ogni mattina controllava il celluare in attesa della sentenza d’Appello per sapere se poteva continuare a girare il fim. La condanna che poi è arrivata non gli ha permesso di lasciare il Paese, motivo per cui non ha potuto ritirare di persona il meritato Orso d’Oro al Festival di Berlino. Ogni scelta compiuta in un regime di dittatura condiziona inesorabilmente la vita. Nel primo episodio infatti qualcuno dice sì, accetta – racconta il regista – nel secondo si dice di no, nel terzo si e no insieme. Il quarto episodio si focalizza invece sul prezzo che noi paghiamo per dire no. Ho pensato di mettere questi episodi insieme per dare una storia unica, complessa e completa su questo argomento così difficile.”

Se sei un giovane uomo in Iran sei obbligato a prestare il servizio militare. Il prezzo da pagare per chi rifiuta è molto salato. Le autorità renderanno la tua vita sempre più difficile.
Non c’è scampo se vuoi che ti siano rilasciati i documenti per trovare un lavoro, o il  passaporto per viaggiare.
C’è chi viene mandato a sorvegliare i confini, in montagna, ai posti di blocco. Ma la maggior parte sono giovani uomini arruolati per eseguire condanne di morte, impiccaggioni: si preme un bottone e si apre la botola che fa penzolare il condannato con il cappio intorno al collo.

Il 40enne Heshmat, marito e padre esemplare, è un uomo generoso e accomodante con tutti, ma svolge un lavoro misterioso per il quale ogni notte esce di casa. Pouya  ha da poco iniziato il servizio militare e si ritrova subito ad affrontare una scelta drammatica: come obbedire a un ordine dei superiori contro la propria volontà. Javad  è un giovane soldato che conquista a caro prezzo tre giorni di licenza per tornare al paese della sua amata e chiederla in sposa. Bharam è un medico interdetto dalla professione, che decide finalmente di rivelare alla nipote un segreto doloroso che lo accompagna da vent’anni.

È un film di primi piani dettagliati, immersi nella realtà iraniana; è un film di storie intime, ordinarie, immerse nel terrore di una dittatura; è un film che non usa metafore, ma documenta nel suo osservare la psicologia dell’animo umano.
Sigificativa nel finale del 2° episodio la canzone “Bella Ciao” nella versione che cantavano le mondine.

Impossibile uscire dalla sala indifferenti. Da vedere.