Les corneilles blanches, cortometraggio d’esordio nel quale il regista russo Denis Liakhov tratta con voce forte e chiara il tema dell’omosessualità in un paese segnato dalle repressioni putiniane, apre la sezione cortometraggi di venerdì 19 luglio all’Edera Film Festival 2024. L’opera prima di Liakhov, girata con un’equipe francese e interpretata da attori di varie nazionalità di stanza a Parigi, racconta il traumatico ritorno da Mosca alla piccola città natale del giovane universitario russo Vlad.
Lo stile, soprattutto in avvio, è quello del documentario (forma espressiva ben nota al regista) che porta lo spettatore ad avvertire maggiormente la tensione di una serie di circostanze assolutamente plausibili. L’incipit, con campo lungo sui binari dove arriva il treno del protagonista, seguito da una serie di piani fissi – sia in esterno che nella macchina dove il fratello maggiore e i suoi volgari amici accolgono Vlad per portarlo a “divertirsi” in una sauna – restituisce con realismo il senso di disagio percepito del giovane. Questa spiacevole sensazione di estraneità si acuisce negli spogliatoi e in piscina, dove la chiassosa combriccola dà sfogo con autocompiaciuto orgoglio alla propria gretta mascolinità tossica. Vlad non potrebbe sentirsi più distante da tutto ciò ma prova a integrarsi, spaventato dal fratello. Il tutto però assume proporzioni insostenibili quando il giovane viene obbligato a intrattenersi con una prostituta ingaggiata per l’occasione. Lo sguardo di panico e la paralisi corporea sono segni inequivocabili; egli cerca di dissimulare la paura con un impacciato bacio alla ragazza ma subito dopo le chiede aiuto, sussurrandole terrorizzato “sono gay”.
Da questo momento il racconto vira sulla delicata rappresentazione di un incontro tra due “corvi bianchi”. Si passa dai toni freddi della piscina al caldo arancione della stanza dove Anna, la escort, si rinchiude con Vlad. I due parlano, per riempire il tempo del simulato amplesso, e la giudicante diffidenza iniziale si trasforma presto in complicità, rilassamento, risate. Affiorano spontanee memorie d’infanzia del ragazzo, ricordi di repressione di se stesso, sotto minaccia dell’omofobo fratello; ma si materializza anche il dolce ricordo dell’ora del riposo a scuola, quando la maestra “cullava” gli alunni con le note del Valzer dei fiori di Tchaikovsky.
Il momento di distesa sospensione, in cui i due possono esprimersi liberamente senza la pressione del giudizio altrui, delle aspettative familiari, viene bruscamente interrotto dal violento bussare alla porta. Anna deve indossare nuovamente la sua maschera per soddisfare tutti gli altri, e lo fa senza percepibile sofferenza. Vlad invece è arrivato al limite e, non potendola portare in salvo da quei bruti, se ne va senza voltarsi. Una carrellata laterale lo riprende mentre cammina deciso, accompagnato dalle note solo timidamente accennate della melodia dello Schiaccianoci, melodia che infine esplode in tutto il suo splendore quando egli, voltando le spalle al dispotico fratello, sceglie di chiedere un passaggio alla ragazza.
Il regista costruisce con maestria un’atmosfera di tensione estrema per poi scioglierla in un epilogo in cui uomo e donna si danno manforte, riconoscendosi uniti in una lotta comune. Tutto ciò girando un cortometraggio che non rinuncia a slanci di preziosa delicatezza senza per questo edulcorare la crudezza di un reale che cerca di soffocare ogni forma di diversità.