La vita della giornalista e scrittrice afroamericana premio Pulitzer Isabel Wilkerson si intreccia e sovrappone con le ricerche per il suo secondo libro, Caste: The Origins of Our Discontents. In un presente personale di tragici lutti, contro lo scetticismo di tutti, Isabel riesce a codificare un’ipotesi che superi la definizione riduttiva di “razzismo” collegando tra loro argomentazioni apparentemente lontane. L’assassinio di un giovane ragazzo nero innocente, la mentalità condizionata della generazione della madre, le leggi razziali di Jim Crow, le persecuzioni naziste del popolo ebraico e la condizione di reietti degli “intoccabili” (Dalit) in India diventano gli strumenti per offrire una nuova prospettiva sul tema dell’ingiustizia razziale.

Tra documentario e melodramma, tra biopic e materiale didattico, il talento poliedrico di Ava DuVernay porta sul grande schermo con passione l’importante figura di Isabel Wilkerson, intellettuale in grado di riscrivere le origini della storia di oppressione, discriminazione e violenza subita ancora oggi dalla popolazione nera negli Stati Uniti. Un racconto accorato ed emotivo che purtroppo naufraga velocemente sotto i colpi di una messa in scena didascalica e ripetitiva, scolastica nella parte divulgativa, oltremodo enfatica in quella biografica.

Origin rimane diviso tra la genesi e la gestazione del saggio (La casta: le origini del nostro scontento, pubblicato negli USA nel 2020, purtroppo non ancora arrivato in Italia), fondamentale per la comprensione di un nuovo paradigma di analisi sociale e antropologica sulle ferite causate dalla creazione di un’artificiale gerarchia umana e la spiegazione semplicistica del contenuto dello stesso. Tra Stati Uniti, Germania e India, ripercorriamo le intuizioni di Isabel in un vortice di sequenze pedagogiche, nobili nelle intenzioni, ma cinematograficamente deboli.

Protagonista assoluta è Aunjanue Ellis-Taylor, una carriera tra televisione e film impegnati a raccontare la storia dell’America nera, da The Help a The Birth of a Nation, e che a breve vedremo nel remake di Il colore viola, nonostante la solida interpretazione rimane imbrigliata in una scrittura a tinte melò, vittima di ripetuti “spiegoni” che abbattono la tensione narrativa e finiscono per diventare poco digeribili per lo spettatore.

Parlando del suo Caste, Isabel Wilkerson ha dichiarato: “Questo lavoro mostra che il termine razzismo non basta a definire ciò che succede oggi. Servono un nuovo linguaggio e un nuovo modello di indagine per capire a fondo le nostre divisioni e come si è arrivati a questo punto”. Origin ha il merito di sollevare la questione anche al cinema, ma il risultato artistico dell’ultimo lavoro della regista Ava DuVernay è ben lontano dal seppur convenzionale Selma o dalla splendida mini-serie targata Netflix When They See Us.