Al modo di dire “se la canta e se la suona” va ora aggiunto il “se la dirige anche”. Nessuno ha fermato (e credeteci: avrebbero dovuto) la scrittrice Amanda Sthers che dal suo romanzo Les Promesses (2015) ha tratto un film che ha prodotto, sceneggiato e diretto tutto da sola. Il vero atto d’amore per la sua opera sarebbe stato lasciarla andare, non attacarsi come una madre ossessiva che non dà respiro ai suoi figli.

In un frammentato andirivieni temporale tra l’infanzia (mai una gioia) e l’età adulta di Alexander (Sandro) si consuma il melodrammone di un amore impossibile tessuto da ricordi e rimpianti.
Alexander (Favino) incontra Laura (Reilly) a una festa. Lui è sposato con figlia, lei fidanzata prossima alle nozze. I loro tempi non riescono a coincidere; ma nessuno dei due riesce a dimenticare la passione non consumata (con insofferenza dello spettatore che allo scoccare dei 113 minuti si trova nella fase agonizzante “fatemi uscire da qui” non dovuta alla mascherina FFP2).

Autrice di undici romanzi, tradotti in più di 15 lingue, la Sthers, qui al suo quarto film da regista e sceneggiatrice, pecca di ingenuità infantile: Promises è un film dilettantistico con grande spreco di cast (Favino è schiacciato in un ruolo rigido) diretto senza estro e costretto a pronunciare battute che fanno venire i brividi per la banalità.
Insopportabile!