Tatami, presentato all’interno della categoria Orizzonti, è in assoluto il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana, Zar Amir Ebrahimi, e da un regista israeliano, Guy Nattiv.

Alla judoista iraniana Leila, nel bel mezzo di quello che parrebbe essere il suo campionato mondiale, viene intimato dalla Repubblica Islamica dell’Iran di fingere un infortunio e di perdere, in maniera tale da non dover gareggiare contro l’atleta rappresentante Israele. La posta in gioco è ben alta: obbedire al regime, abbandonare la competizione e perdere il sogno della medaglia d’oro, come la sua allenatrice, Maryam, la implora di fare, o disobbedire ed esporre non solo se stessa, ma anche tutta la propria famiglia ad un grandissimo pericolo?

Tale dilemma è di matrice classicamente tragica: così come Antigone anche Leila deve decidere se rispettare la legge dello Stato, Dura lex sed lex, o seguire la propria legge morale, Lex mala lex nulla.

Allora si può ben capire perché, così come ribadito dagli stessi registi, Tatami non sia un semplice film, bensì come arrivi a essere un manifesto non solo per tutti gli iraniani che, tutt’ora, stanno pagando il prezzo della libertà con la vita, ma per chiunque sia stato, è e sarà costretto ad abbandonare il proprio Paese, la propria famiglia e le proprie aspirazioni solamente a causa di questioni politico-diplomatiche.

Il finale, pur rimanendo drammatico, contiene in sé un’aria ottimista: se l’intera pellicola è accompagnata da un sentimento di sfiducia nei confronti delle istituzioni nazionali, è anche vero che al contempo, invece, vengono illuminati in positivo quegli enti sportivi internazionali che tutelano la libertà degli atleti.

Tatami è indubbiamente un lungometraggio dall’immenso impatto emotivo, che riesce a trascinare all’interno dello schermo lo spettatore. Per non parlare, infine, della magnifica performance offertaci dalle due protagoniste, Arienne Mandi nei panni di Leila e la stessa Zar Amir Ebrahimi nei panni di Maryam.