Mestre, Teatro Toniolo – Uno sguardo dal ponte

Credits Yasuko Kageyama

MESTRE (VE) – Grande classico della letteratura teatrale del Novecento, Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller si rivela sempre attuale. L’immigrazione, la tossicità del maschio alfa, la legge e il pregiudizio sono temi che, in questi tempi, hanno l’urgenza di essere portati sul palco. Il dramma di Miller è tratto “da una storia vera”, come va di moda dire oggi, da una tragedia familiare tra italiani immigrati a Brooklyn che turbò profondamente e a lungo l’autore. Tutto parte dalla passione malata di Eddie per la nipote minorenne Catherine, una mania che, nonostante ogni genere di avvertimento ricevuto, lo annienterà. Il ponte del titolo è quello di Red Hook, bassoporto di New York, ma assurge anche a collegamento ideale tra l’America e la Sicilia, paese d’origine di Marco e Rodolfo, cugini di Beatrice, moglie di Eddie. L’intento di Miller era descrivere gli eventi nella maniera più asciutta possibile, lasciando allo spettatore l’interpretazione del significato di questa tragedia collettiva. Un dramma che fonda proprio le sue radici nella comunità, nel rispetto delle leggi morali e nel concepirne i limiti, nei tanti non detti che aprono inquietanti interrogativi, in un costante bilico tra l’apollineo e il dionisiaco.

Massimo Popolizio porta in scena uno spettacolo sicuramente interessante nel trattare l’azione come un film, commisto di generi che spaziano dal musical al comico. La misera umanità si muove sulla scena di Marco Rossi, fatta di mobili grigi su uno sfondo nero, coronata da un’allusivo fondo di ponte, e ben illuminata da Gianni Pollini. I costumi di Gianluca Sbicca esaltano le origini di Beatrice, sempre nero vestita, il lutto dal suo matrimonio, mentre per gli altri personaggi si rifanno alle fogge degli anni Cinquanta. Il suono di Alessandro Saivozzi richiama le atmosfere di Hollywood, c’è Paper Doll, il jazz, ma anche la canzone tradizionale ad amplificare il siciliano che nel testo è limitato al dialogo.

Credits Yasuko Kageyama

Eppure, oltre ad aver tagliato dialoghi e personaggi importanti (Mike, Lipari e sua moglie più due suoi nipoti), ci sono due snodi fondamentali trattati troppo frettolosamente: la scoperta della delazione di Eddie nei confronti di Marco e Rodolfo, che è monca degli altri parenti che gli voltano schifati le spalle, e il dissidio Eddie-Catherine-Beatrice prima della tragedia, una serie di battute ricche di pathos che Miller costruisce in maniera magistrale per far crescere la tensione che conduce al finale. Se nell’originale la morte di Eddie avviene alla presenza della famiglia e della comunità, nella rilettura di Popolizio manca questo climax ascendente, in quanto, colpito da Marco, Eddie cade abbandonato e delirante, con solo la giovane Catherine sul fondale. Dalla coralità milleriana all’unicità popoliziana.

Popolizio ha il pregio di ritrarre un Eddie irrisolto, arricchendolo di un carattere che lo fa un uomo verso cui è difficile provare compassione, sovente affettato e macchiettista. Bene rende il pregiudizio che lo attanaglia nei confronti di Rodolfo, ritenuto “non regolare”, leggasi omosessuale, solo perché biondo, ballerino e cantante, e l’incestuosa ossessione verso Catherine.

Nella compagnia, composta da Raffaele Esposito, Gaja Masciale, Felice Montervino, Gabriele Brunelli, Adriano Exacoustos si distinguono inoltre Valentina Sperlì, Beatrice energica, Michele Nani, un ispirato avvocato Alfieri, e Lorenzo Grilli, Rodolfo poliedrico.

Applausi calorosi da parte del nutrito pubblico alla replica del 11 ottobre.

Luca Benvenuti