“Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart

Al Teatro La Fenice in scena “Così fan tutte”, ultima tappa della trilogia di Mozart affidata alla regia di Damiano Michieletto

Il regista veneziano si muove con coraggio sulla strada della collocazione ai nostri giorni della vicenda, ma l’eccessiva cura per il dettaglio può togliere spazio alla fantasia dello spettatore

L’ultimo capitolo della trilogia

Con la messa in scena di Così fan tutte durante il carnevale 2012 si è conclusa la trilogia Mozart-Da Ponte affidata dalla Fenice alla regia di Damiano Michieletto. Delle tre opere frutto della collaborazione fra il geniale compositore austriaco e il librettista di origini venete, Così fan tutte è l’unica a non trarre ispirazione da una fonte letteraria. Il dramma giocoso in due atti pare invece si riferisse a fatti realmente accaduti nella Vienna di fine Settecento, quando due giovani militari avrebbero messo alla prova la fedeltà delle proprie fidanzate, due sorelle, attuando un sagace travestimento con scambio di ruoli. Amore e gelosia, fiducia e infedeltà sono qui tematizzati con grande leggerezza e ironia, evitando la sequela di colpi di scena de Le Nozze di Figaro, nonché l’atmosfera lugubre del Don Giovanni.

Per intreccio narrativo e tipologia delle situazioni drammatiche, Così fan tutte è certo la più essenziale delle tre opere mozartiane e, dunque, anche la più universale. Essa si presta perciò molto bene a un’attualizzazione completa, non essendo gravata da dinamiche sociali ormai distanti nel tempo. Michieletto sfrutta appieno questa possibilità trasferendo gli avvenimenti in un hotel di lusso e collocandoli negli anni Settanta. Le due coppie di amanti sono trasformate in villeggianti alla moda, Don Alfonso assume i panni d’un abile concierge, Despina infine diventa l’inserviente al piano delle due sorelle infedeli. La costruzione logica di quest’attualizzazione combacia perfettamente con il testo originale, tanto da risultare coerente e molto azzeccata. Così ad esempio il recitativo in cui Don Alfonso invita Dorabella e Fiordiligi a una festa si traduce scenicamente in una telefonata del concierge alla camera delle due sorelle. La serenata degli amanti travestiti, invece, è riproposta nella cornice d’una gara di karaoke presso la lounge dell’albergo.
La vicenda scritta da Da Ponte e musicata da Mozart viene così fatta rivivere sotto forma d’una commedia di gusto hollywoodiano, in cui due belle e giovani coppie si ritrovano prigioniere d’un turbine di sentimenti contrastanti causato dalle proprie azioni. Mentre un malevolo albergatore e una cameriera smaliziata fomentano dubbi e desideri degli amanti, il corso degli avvenimenti sfugge al controllo di ciascuno dei personaggi e il gioco di seduzione precipita verso il dramma più autentico.

La regia

Come già nella propria versione de Le Nozze di Figaro, anche questa volta Michieletto elimina ogni possibilità di conciliazione prevista invece dall’opera originale. Al suo posto presenta la tragedia individuale di ciascuno dei protagonisti: ciascun amante resta solo, poiché non si riunisce in coppia (né quella originaria, né quella successiva al tradimento); Don Alfonso finisce ubriaco e Despina si dispera per il dolore cui ha contribuito. Con questo finale, memore del dramma borghese, Michieletto sembra voler stigmatizzare le difficoltà nei rapporti sentimentali causati da una società contemporanea pervasa dagli egoismi personali e caratterizzata dall’incapacità di perdono.
Nulla è lasciato all’immaginazione dello spettatore, quasi ad esprimere un horror vacui. L’indefinitezza è rifuggita sistematicamente mediante il controllo – talvolta maniacale – dei dettagli, che si avverte anche nella direzione dei cantanti/personaggi: ogni gesto o respiro pare comandato, quasi fosse eterodiretto. I protagonisti non sono padroni della propria vita, sembrano marionette esposte alla volontà d’un burattinaio. In parte ciò rappresenta forse l’unica debolezza di questa messa in scena, poiché toglie al pubblico quel margine di incompletezza nel quale poter proiettare le proprie fantasie. Ciononostante, l’attualizzazione di Michieletto pare riuscita, nonché molto coraggiosa per i canoni italiani, i quali favoriscono in genere le ricostruzioni storiche. Grazie a simili registi, la Fenice e l’Italia si avvicinano agli standard europei, che trovano appunto nell’attualizzazione una potente forma di rivitalizzazione della lirica.

La scenografia

Gli allestimenti di Paolo Fantin si avvalgono nuovamente del sistema di rotazione delle scenografie a 360 gradi già adottati per i primi due capitoli della trilogia in Fenice. Per effetto di questa scelta tecnica, la regia di Michieletto può svilupparsi nei diversi ambienti dell’albergo senza mai lasciare una sola scena scoperta. I protagonisti si muovono dunque fra la hall e il bar, la stanza e il bagno, il corridoio e l’ascensore, quest’ultimo utilizzato in maniera magistrale come macchina per le entrate e le uscite comiche. La ricreazione degli interni dell’albergo è pressoché perfetta attraverso un’incredibile proliferazione di dettagli, come il bagno interamente arredato o il bar completo di bevande superalcoliche e bicchieri da cocktail.

Il cast

Riguardo al cast, bisogna segnalare l’ottimo Andrea Concetti che nei panni di Don Alfonso dimostra di saper cantare e recitare ad altissimi livelli. Concetti esibisce una gamma vocale completa, coperta in maniera egregia dalla zona grave a quella acuta, e risulta sempre comprensibile, sia nei recitativi sia nelle arie. Debole e senza energia invece Caterina Di Tonno, la cui Despina risulta poco graffiante e finisce spesso coperta dall’orchestra. La sua vocalità, forse troppo chiara per il ruolo, dona poco carattere al personaggio interpretato. “In uomini, in soldati” e “Una donna a quindici anni” sono eseguite in maniera scolastica e con scarsa considerazione delle dinamiche. Sul sestetto del primo atto e nei due travestimenti, da medico e da notaio, Di Tonno vanifica la sua parte con un’interpretazione assai piatta. Brava Maria Bengtsson nel ruolo di Fiordiligi: possiede una zona acuta brillante e su “Come scoglio immoto resta” produce dei filati straordinari. Tuttavia, stride il grosso divario qualitativo con la zona grave, troppo debole per reggere i salti dalla cima al fondo dell’estensione del soprano previsti in partitura da Mozart. Discreto il basso Markus Werba nei panni di Guglielmo. Incolore José Maria Lo Monaco come Dorabella. Il tenore Marlin Miller interpreta Ferrando con gravi difficoltà: arida l’interpretazione, va spesso fuori tempo e su “Un’aura amorosa” è così calante da recare perfino disturbo.

La direzione d’orchestra

Eccellente la conduzione del direttore Antonello Manacorda, capace di condurre per mano i cantanti nelle difficili scene d’assieme. In alcune circostanze, il Maestro deve faticare non poco per riprendere gli interpreti lungo il percorso. La direzione è rigorosa ed efficace, sempre fedele allo spartito, sia sulle dinamiche sia sui tempi. Manacorda è capace di sottolineare i momenti comici con una conduzione spedita, al contrario enfatizza le parti drammatiche con grande trasporto. Un elogio anche al coro della Fenice, preciso nelle esecuzioni e abile a prestarsi come comparse dell’albergo.

Molto buona è parsa l’accoglienza degli spettatori, che sembrano aver gradito l’associazione di quest’opera con il periodo di Carnevale. Calorosi applausi per il direttore d’orchestra, per Concetti e la Bengtsson. L’attualizzazione della vicenda pare aver incuriosito e divertito il pubblico, mentre alcune scelte registiche hanno forse convinto meno. Il frequente lancio di oggetti sul palco da parte dei protagonisti, per esempio bicchieri e valigie, è stato accolto con disturbo dal pubblico. In realtà rappresenta una delle cifre stilistiche di Michieletto nella trilogia mozartiana, adottata con frequenza anche per Le Nozze di Figaro, e intende enfatizzare le scene di concitazione con scatti nevrotici dei cantanti, caratteristici dell’uomo contemporaneo.

Cast & Credits
direttore: Antonello Manacorda (16, 19, 21, 24, 26/ 2), Stefano Montanari (28/2, 1,3/3)
regia: Damiano Michieletto – scene: Paolo Fantin – costumi:Carla Teti – light designer: Fabio Barettin
Fiordiligi: Maria Bengtsson (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Elena Monti (19, 24 /2 – 3/ 3)
Dorabella: Jose’ Maria Lo Monaco (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Paola Gardina (19, 24 /2 – 3/ 3)
Guglielmo: Markus Werba (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Alessio Arduini (19, 24 /2 – 3/ 3)
Ferrando: Marlin Miller (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Leonardo Cortellazzi (19, 24 /2 – 3/ 3)
Despina: Caterina Di Tonno (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Regula Muehlemann (19, 24 /2 – 3/ 3)
Don Alfonso: Andrea Concetti (16, 21, 26, 28 /2 – 1/ 3), Luca Tittoto (19, 24 /2 – 3/ 3)
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice maestro del Coro: Claudio Marino Moretti