“Ecce robot” di Daniele Timpano

"Viva Mazinga! Lasciamolo vedere ai bambini, tanto non sarà lui a farli rincretinire."

Ecce robot è uno spettacolo personale, bizzarro, cinico, divertente, disperato. E’ un’arringa di sessantasei minuti per rivendicare con orgoglio il proprio incondizionato amore trentennale per i cartoni animati giapponesi e per dimostrare che, malgrado non si possa arrivare a dire che Mazinga Zeta, Goldrake e Jeeg robot abbiano migliorato l’umanità, per lo meno non sono riusciti a peggiorarla.

L’autore/attore unico personaggio sul palco vestito di una poco elegante tutina bianca, aiutato da quattro lucine colorate (che però forse è giusto caricare dell’originale epicità chiamandole con il loro vero nome: pugni a razzo, missile centrale e raggio fotonico) e sostenuto nella battaglia unicamente dal proprio tecnico audio, si batte, solo nell’arena, per convincere la platea che la sua passione non è nociva, pericolosa, come in molti hanno tentato di dimostrare, ma innocua e anzi addirittura benigna, se è riuscita addirittura a costituire un rifugio da violenze ben più reali e diseducative.

Le argomentazioni sono totalmente libere, slegate, quasi improvvisate, la passione prende il sopravvento, non c’è ordine e raziocinio, ma solo la volontà di urlare liberamente il proprio amore per Mazinga Zeta.
Partirei dal presupposto da non mettere in discussione: la passione di Daniele Timpano è quantomai sincera, davvero tra le più brucianti passioni della sua vita. Detto ciò, una questione importante su cui ragionare è il livello di credibilità che riesce a mantenere lo spettacolo, pur affrontando un tema ritenuto dai più inferiore per spessore a un migliaio di altri possibili argomenti.

Come ripetuto più volte sulla scena,”l’invasione gialla” nel bene o nel male ha accompagnato nella crescita un’intera generazione tenendo occupate le menti di bambini e adolescenti per svariate ore ogni giorno; tra gli anni Settanta e Ottanta milioni di giovani hanno sperato ardentemente di compiere un giorno le gesta di Goldrake ma non è mai passato loro per la testa di “vivere con apprensione la criticità degli anni di piombo”. E questa specie di paradosso, al centro dello spettacolo di Timpano gran parte della platea lo avverte; anche coloro che non hanno vissuto quegli anni incollati alla TV, condividono con Timpano forme di pensiero comuni che caratterizzano questa generazione: la presa d’atto che finzione e realtà non sono due mondi esattamente incomunicabili, la convinzione che sia legittimo indirizzare le proprie passioni liberamente, senza occuparsi troppo dell’eticità della scelta; l’impossibilità di giudicare e di conseguenza di ordinare secondo un criterio valido (una certa passione per gli elenchi deriva da qui); il gusto per la costruzione retorica in sé, indipendentemente dal suo scopo, anzi direi tanto più appassionante quanto scollegata da una reale utilità; una disillusione diffusa che aguzza il cinismo, l’ironia, la deformazione e il gusto per il paradosso elementi di cui Timpano fa largo uso addirittura nella descrizione dei suoi amatissimi robot.

Alla base dello spettacolo c’è un sistema di pensiero con questi caratteri; per questo risulta stonato calcare troppo l’attenzione sulla funzione salvifica dei cartoni animati giapponesi che hanno permesso al piccolo Daniele di estraniarsi dallo squallido contesto familiare; non è questo il significato primo dello spettacolo, ma solamente uno degli argomenti retorici utilizzati per l’unico reale obiettivo: difendere la propria passione per Mazinga Zeta. Nient’altro. Ecco ciò che si può dire, che Ecce Robot è il riflesso di una società in crisi; ma all’interno di tale società la parola crisi non ha da essere associata ad alcun valore né positivo né negativo piuttosto essere accettata in quanto tale: un periodo nel quale non esistono modelli e la libertà è d’ordine. Per cui c’è spazio anche per Mazinga e l’allegra disperazione di Daniele Timpano.

drammaturgia, regia, interpretazione di Daniele Timpano
ispirata liberamente all’opera di Go Nagai
disegno luci e voce narrante di Marco Fumarola
durata: 66 minuti
danieletimpano.blogspot.it
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