Manuel Frattini, il re del musical italiano da più di vent’anni, in “Sindrome da musical” ripercorre in modo ironico il proprio cammino artistico attraverso i più famosi brani del musical italiano e internazionale.
NonSoloCinema intervista Manuel Frattini in occasione del suo ultimo spettacolo “Sindrome da musical”
Grande performer e protagonista di acclamati spettacoli come “Pinocchio”, “Sette spose per sette fratelli”, “Aladin” e “Peter Pan”, stavolta Frattini si mette a nudo con autoironia, interpretando se stesso e sottoponendosi all’analisi di una psicologa, per cercare di guarire dalla sua ossessione per il musical; ovviamente non solo non guarirà, ma la “sindrome” finirà per contagiare l’algida dottoressa, che verrà trascinata dall’energia dello show.
NSC: La chiamano il re del musical italiano. A fronte di una carriera così lunga e importante, che cosa caratterizza di nuovo quest’ultimo lavoro? Che cosa lo differenzia da tutte le opere precedenti?
MF: “Io definisco questo spettacolo uno show musicale, che vuole celebrare il musical per diversi motivi: primo perché ha dato tanto al pubblico italiano in questo ultimo decennio e secondo perché ha dato tanto a me. E’ un racconto ricco di ironia di cui non posso fare a meno anche nella mia vita. Porto in scena me stesso con pregi e difetti, ma non si tratta affatto di autocelebrazione! Questo spettacolo è una bella scommessa, soprattutto in questo momento delicato perché tutto sta nella forza del cast e non in un titolo noto”.
NSC: La sua “sindrome da musical” è riconoscibile in modi diversi nell’indole di qualunque artista che inevitabilmente finisce calamitato dalla propria arte. Quasi sempre questa va a coincidere con la vita stessa, o quantomeno diventa un tutt’uno con essa. E’ così anche per lei, al di là dei panni che indossa sul palco?
MF: “Sì, è assolutamente così. Io sono veramente così anche nella mia vita reale, questa “follia” mi rispecchia… Se per esempio di notte mi sveglio e vado in cucina a bere, lo faccio ballando, o se sono in giro e vedo un posto che mi piace particolarmente, già immagino quanto sarebbe bello usarlo per l’allestimento dii un musical. Concordo con il regista Alfonso Lambo che definisce “Sindrome” una sorta di “reality musical”, poiché porto in scena chi sono e il mio totale amore verso questo genere di spettacolo”.
NSC: Negli ultimi anni la moda dei musical abbonda. Lei ne avrà visti sicuramente molti. Ce n’è qualcuno – non suo – che ha apprezzato particolarmente?
MF: “Ho apprezzato tanto “Priscilla” per l’allestimento ricchissimo e un cast strepitoso. Mi è piaciuto tanto anche “Frankestein Junior” della Compagnia della Rancia: un allestimento semplice, ma molto efficace e un cast di bravissimi interpreti”.
NSC: L’ironia è sempre la grande protagonista in scena. Riuscirebbe mai a scrivere/interpretare una tragedia? Ha mai pensato di farlo?
MF: “Non ho mai pensato di interpretare un ruolo tragico, ma in passato ho sfiorato la possibilità di interpretare un ruolo di cattivo… Sarebbe stato stimolante lavorare su una doppia personalità, perché avrei dovuto essere veramente credibile; una sfida nuova per me che ho sempre portato in scena personaggi positivi. Ma poi non se ne è fatto più nulla”.
NSC: A proposito di ironia: all’indomani delle elezioni, le viene da ridere o da piangere?
MF: “Peter Pan direbbe: io credo alle fate…”
Lo spettacolo fa tappa domenica 3 marzo al Teatro Duse di Bologna.
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